Alessandro Baricco, Abel. Un western metafisico, Feltrinelli, 2023.
"Da quale terra, da che grembo vengono i demoni che dopo il tramonto mi strisciano incontro leggeri per fare il nido nella mia anima, e deporre le uova della follia nelle pieghe della mia gioia? Non sono creature del male, non è il rimorso che li porta. Sono sicari di una paura senza sorgente, che colpisce nel vuoto, da lontano, senza farsi guardare. A cosa serve allora il mio stare la schiena diritta, nello sguardi degli uomini, di fronte a qualsiasi pistola, se poi tanto la paura si raccoglie nel cavo di pietra delle mie notti? Manda i suoi messaggeri, spedendoli da regioni lontane dell'essere, paesi di cui non so nulla. Parlano una lingua che non parlo e che pure capisco. Sono identici a me, ma io non sono così", p. 65.
"Prima di finire in Messico, nel mio lento colare verso il Sud, di cui certamente dirò, se già non ho detto, c'erano quelle lande arroventate, che attraversai, scolpite dal sole. La terra di solito è una pasta viva e grassa, ma lì una specie di violenza la spezzava in due ogni giorno, lasciando da una parte pietra durissima e dall'altra polvere a non finire. I passi seccavano fino a far male, e l'aria era farina nei polmoni e negli occhi", p. 87.
"La sua follia erompe improvvisa, nessuno potrebbe mai prevedere quando. Forse lui, ma nessuno gli ha mai sentito dire qualcosa al riguardo. Come la balena esce in superficie a respirare, così lui dà di matto, offrendo spettacolo a chi guarda dalla riva. Poi può passare in immersione tempi lunghissimi, che un umano non potrebbe nemmeno immaginare. Ma sempre la balena sale a respirare, prima o poi", p. 93.
"La luce che scivola verso l'orizzonte predica qualcosa che non capisco, ma intanto accompagna splendida il mio andare […] Voglia questo istante non abbandonarmi mai, e diventare parte di me, vita contro la morte, sangue sotto la pelle", p. 116.
