Don Chisciotte della Mancia (El ingegnoso Hildago Don Quijiote de la Mancha, 1605), tr. Letizia Falzone, Garzanti, 2000.
Volume I
"<In un borgo della Mancha>, il cui nome non mi viene a mente, non molto tempo fa viveva un cavaliere di quelli con lancia nella rastrelliera, un vecchio scudo, un ronzino magro e un levriero corridore", p. 17.
"<In tal modo>, rispose Sancho Panza, <se io per uno di quei miracoli che la signoria vostra dice, diventassi re, Juana Guitiérrez, mia moglie, diverrebbe per lo meno regina e i miei figli principi ereditari>.<E chi lo mette in dubbio?>, risposte Don Chisciotte.<Io, lo metto in dubbio>, replicò Sancho Panza...", p. 53.
"Sappi, Sancho, che un uomo non è superiore a un altro, se non fa più dell'altro. Tutte queste burrasche che ci capitano sono segni che presto il tempo deve tornare sereno e le cose ci devono andar bene; perché non è possibile che il male e il bene siano eterni, e da ciò consegue che, essendo durato molto il male, il bene è ormai vicino", p. 127.
"<Signore>, rispose Sancho, <ritirarsi non è fuggire, né è prudenza aspettare quando il pericolo supera la speranza, ed è da savi conservarsi oggi per domani, non arrischiando tutto in un giorno. E sappi che, sebbene zotico e villano, tuttavia capisco un po' di quel che si dice sapersi regolare; perciò non si penta di aver accettato il mio consiglio, ma monti su Ronzinante, se può; se no, l'aiuterò io, e mi segua, ché il mio intuito mi dice che ora abbiamo più bisogno dei piedi che delle mani", pp. 169-170.
"E riprendendo a narrare ciò che fece il cavaliere dalla Triste Figura quando si vide solo, la storia dice che non appena don Chisciotte ebbe finito di far capriole e capitomboli, nudo dalla metà del corpo in giù e vestito dalla metà in su, ed ebbe visto che Sancho se n'era andato senza voler assistere ad altre insensatezze, salì sulla cima di un'alta roccia e lì tornò a pensare ciò che aveva pensato molte altre volte senza aver mai preso una risoluzione, e cioè che cosa fosse meglio e facesse più al suo caso: se imitare Orlando nelle sue follie incommensurabili o Amadigi in quelle malinconiche...", p. 202.
"...ai cavalieri erranti non spetta verificare se gli afflitti, gli in catenati e gli oppressi che incontrano sul loro cammino, vanno in quel modo o si trovano in quelle tristi condizioni per le loro colpe o per i loro meriti; ciò che a essi spetta è aiutarli in quanto ne hanno bisogno, tenendo conto delle loro pene e non delle loro malefatte", p. 248.
"<Bada, Sancho>, rispose don Chisciotte, < se il consiglio di sposarmi me lo dai perché, ammazzando il gigante, io diventi subito re e abbia l'opportunità di farti doni e di darti quel che ho promesso, ti informo che potrò soddisfare assai facilmente il tuo desiderio senza sposarmi, perché, prima di entrare in battaglia, io esigerò come ricompensa che, riuscendo a vincerla, se non mi sposo, devono darmi una parte del regno affinché io possa darla a chi voglia; e , quando l'avrò ricevuta, a chi vuoi che la dia se non a te?>.<Questo è chiaro!>, rispose Sancho; <ma la signoria vostra stia attento a sceglierla vicino al mare perché, se non mi piacesse la residenza, possa imbarcare i miei sudditi negri e farne quello che ho già pensato>", pp. 261-262.
"<...và avanti>, disse don Chisciotte,.<Arrivasti, dunque, a che cosa faceva quella regina della bellezza? Certamente la trovasti che infilava perle, o ricamava con oro filato qualche impresa per questo cavaliere suo schiavo>. <Non la trovai intenta ad altro,> rispose Sancho, <che a vagliare due staia di grano in un cortile di casa sua>. <Ebbene, fa' pur conto>, disse don Chisciotte,< che i chicchi di grano diventano chicchi di perle, al tocco delle sue mani>". pp. 257-258.
"Quando don Chisciotte si vide ingabbiato in quel modo e sul carro, disse: <Molte e molte autorevoli storie io ho letto di cavalieri erranti, ma non ho mai letto né visto né udito che i cavalieri erranti si portino in questo modo e con la lentezza che c'è da attendersi da questi pigri e tardi animali, poiché sogliono essere portati sempre per l'aria, con straordinaria rapidità, racchiusi in una grigia e oscura nube o su un carro di fuoco o anche su un ippogrifo o altra bestia simile...", p. 411.
