-Colpa e redenzione: la Storia è storia di un rifiuto.
John Steinbeck (1902-1968), come ogni grande autore, è ambizioso: egli non si accontenta di raccontarli, i fatti. Non gli basta esserne semplice testimone: ne vuole sottolineare quel senso che va oltre i confini di tempo e di spazio in cui sono costretti, quei fatti. I suoi personaggi, perciò, sono sempre e comunque degli "eroi" in quanto portatori di un destino che non appartiene soltanto a loro ma è dell'umanità intera o, almeno, di quella quota di umanità che, dotata di coscienza, si interroga sul proprio operato e che prova rimorso quando la risposta è insoddisfacente (non per questo necessariamente farà in maniera diversa, la prossima volta).
Secondo Steinbeck si tratta di un destino che racchiude l'eterna lotta tra Bene e Male, tra Colpa e Redenzione: nella prospettiva dell'autore, è tutto qui il nucleo da cui si dipana la nostra storia. L'unica storia possibile, l'unica che ci è concessa: semmai, nel corso del tempo, essa muta le sue forme ma non il suo contenuto.
C'è un passo, in "La Valle dell'Eden", in cui l'autore-quale voce narrante delle vicende che vedono coinvolte le famiglie Hamilton (da cui egli discende) e Trask- specifica il suo pensiero al riguardo:
"Io credo che nel mondo ci sia una storia, e una storia sola...Gli uomini sono presi-nelle loro vite, nei loro pensieri, nei loro appetiti e ambizioni, avarizie e crudeltà, e persino nei loro impulsi di bontà e generosità-in una rete di bene e male…Vizio e virtù sono trama e ordito della nostra prima presa di coscienza...Non esiste altra storia. L'uomo, dopo che si è spazzolato via la polvere e la segatura della vita, resta con questa dura, cristallina domanda: era bene o male? Mi sono comportato nel modo giusto- o in quello sbagliato?", (J. Steinbeck, La valle dell'Eden- East of Eden, 1952- tr. Maria Baiocchi, Anna Tagliavini, Bompiani, 2023, p. 525).
E più avanti egli conclude così questa sua riflessione:
"Abbiamo una sola storia. Tutti i romanzi, tutta la poesia, si reggono sull'infinita lotta, in noi, tra bene e Male. E penso che il male debba essere continuamente ritessuto, mentre il bene, la virtù, sono immortali. Il vizio ha sempre un volto nuovo, giovane e fresco, mentre la virtù è venerabile più di ogni altra cosa al mondo" (cit., p. 527).
Si tratta di una storia segnata da un conflitto che scaturisce dalla paura atavica del rifiuto, quell'emozione cupa e sorda- che quando emerge esplode come un tuono-da cui traggono origine molti eventi tragici che hanno segnato, e segnano, la vita dei singoli così come di intere collettività: la vita di intere nazioni (mai come di questi tempi il rifiuto-nelle sue accezioni psicologiche, sociologiche, storiche, politiche- mostra la sua attualità).
Il rifiuto a cui allude Steinbeck, pur quanto si manifesti in forme complesse e non immediatamente decodificabili, è la riproposizione di quello subito da Caino ad opera di Dio: lo si ritrova nel rifiuto che Charles Trask riceve dal padre, Cyrus, così come in quello di Adam Trask verso il figlio Caleb (cfr. J. Steinbeck, La Valle dell'Eden, cit.).
E', in ognuno dei casi, del ripudio di un dono: così come Dio predilige quello fattogli da Adamo (i primogeniti del suo gregge e il loro grasso) e nega l'offerta di Caino (i frutti del suo raccolto), così Cyrus mostra disinteresse-quasi disprezzo- verso il coltellino che Charles gli regala per il suo compleanno, privilegiando, platealmente, il cagnolino randagio donatogli da Adam. Ne consegue, quando saranno soli, l'urlo rabbioso di Charles verso il fratello (come il rifiuto ricevuto da Caino genera la rabbia omicida verso Abele):
"Cosa hai fatto tu per il suo compleanno? Credi che non l'abbia visto? Hai speso 75 centesimi o anche mezzo dollaro? Gli hai portato un cucciolo bastardo che hai raccolto nel bosco ceduo. Ridevi come un deficiente…E il coltellino dov'è? <Grazie> ha detto, solo <Grazie>", (J. Steinbeck, La Valle dell'Eden, cit., p. 45).
E poi lo aggredirà, come spesso accade: Charles, infatti, non perde occasioni per picchiare Adam che, in questa circostanza, sente nei colpi di Charles una vera e propria volontà assassina.
Anni dopo sarà Adam a riproporre il rifiuto biblico rinunciando ai quindicimila dollari-guadagnati onestamente- che il figlio quindicenne Cal vuole offrirgli per sostenerlo in un affare andato male, generando così nel giovane incredulità, rabbia, senso di colpa, frustrazione, risentimento: Cal tradurrà in pratica questo complesso di stati d'animo bruciandoli, quei soldi.
Avviene, in tutte queste circostanze, la rinuncia a un dono attraverso cui un figlio manifesta la sua ricerca del padre- il suo bisogno di sentirsi da lui riconosciuto, accolto, amato e apprezzato- e che, perciò, viene vissuto ancor di più come fallimento e colpa. È qui, dunque, l'origine della lotta che segna il destino dell'umanità.