Quando l'eroe è un fantasma.
L'elemento corale emerge anche in Questi fantasmi!, dove l'azione di Pasquale Lojacono, intrisa di ambiguità e di una superstizione "di comodo", è costantemente controbilanciata dagli altri protagonisti.
Nelle fasi iniziali assume rilievo la figura di Raffaele, il portiere del palazzo in cui Pasquale occupa gratuitamente un maestoso appartamento: gratuitamente, dunque, a patto che, come richiesto dal proprietario, si adoperi affinché convinca la gente del quartiere che quella casa è libera da oscure presenze. Deve farlo mostrandosi ai balconi, più volte al giorno, sempre sereno e sorridente così che si mettano a tacere quelle dicerie sul via vai, tra quelle mura, di fantasmi. Chiacchiere maligne che impediscono al proprietario di fittare l'appartamento.
È proprio Raffaele a definire al meglio la figura di Lojacono come borghese, pur se un borghese alla soglia del fallimento economico (quello familiare, ormai, è certo), dunque come rappresentate di quella classe sociale a cui il "popolino" ha sempre qualcosa da chiedere (da pretendere) e da cui il borghese deve sempre, in qualche modo, difendersi.
"RAFFAELE: A proposito, signurì…noi poi ci mettiamo d'accordo per il mensile mio.
PASQUALE: Ne parleremo.
RAFFAELE: E mo ce truvammo, pecché non ne parlammo mo? Io non ci tengo, ma 'e solde 'e voglio.
PASQUALE: Nun ci tieni, ma 'e solde 'e vvuò!
RAFFAELE: Mannaggia 'a capa d' 'o ciuccio…Signò…io veramente non ci tengo, pecché non ci tengo; ma se poi proprio non ci tengo, a fine 'o mese che tengo?", 7).
Pasquale è ben poca cosa senza gli altri personaggi, insomma, e principalmente senza il suo fantasma personale: è dietro di lui che egli si nasconde, è attraverso lui che si assolve dall'ignorare la relazione di sua moglie Maria con Alfredo. Lo fa per vigliaccheria pura e semplice o per necessità materiali (il "fantasma" gli fa interessanti donazioni alimentari e, poi, economiche)? Insomma, Pasquale ci crede o non ci crede nei fantasmi? Almeno, in quel fantasma?
Quel che Pasquale sa è che, senza quella presenza misteriosa, lui non esiste: materialmente e moralmente. Materialmente, perché finiranno le donazioni. Moralmente, in quanto sarà costretto ad ammettere che Maria ha un amante.
Lojacono ha bisogno anche del professor Santanna, che l'Autore, nella presentazione dei personaggi, definisce "anima utile, che non compare mai".
Il professore, infatti, è una presenza muta a cui Pasquale si rivolge come parlando a uno specchio. O alla sua coscienza. O, forse, al pubblico 8).
È al professore che, ad un certo punto, egli si confessa più che altro per confessare a se stesso che i fantasmi non esistono, che li creiamo noi perché ci conviene, perché servono a deresponsabilizzarci, a giustificare quel che facciamo e che non vorremmo fare perché costretti a farlo (ricordiamo, qui, le scelte obbligate di Amalia Jovine).
"PASQUALE: […] Non è vero niente, professo': ah…ah…ah…Non è vero! I fantasmi non esistono, li abbiamo creati noi, siamo noi i fantasmi", 9).
Pasquale è, alla fine, tutt'uno con il suo fantasma. E gli parla, gli parla direttamente, proprio come se parlasse ad un essere vivente, gli parla per chiedergli aiuto, per chiedergli di salvarlo dal baratro economico.
"PASQUALE: […] Férmate…T'aggi' 'a parlà!" , 10).
E a noi lettori/spettatori, a quel punto, non interessa più capire se Pasquale ci fa o ci è, se finge di non sapere che si sta rivolgendo ad una persona in carne ed ossa, tra l'altro amante della moglie, oppure se crede che stia parlando effettivamente ad un fantasma. Quel che gli interessa a Pasquale, a quel punto, è che quella presenza, umana o no,
soddisfi i suoi bisogni. E quando si accorge che il fantasma, ovvero Alfredo, gli ha lasciato una cospicua somma di denaro ringraziandolo, tra l'altro, perché:
"ALFREDO: […] Hai sciolto la mia condanna. Io fui condannato a vagare per questa casa fino a che un uomo non mi avesse parlato come mi stai parlando tu", 11).
spera che il fantasma ritorni, semmai sotto altre sembianze.
Di fantasmi, ci dice indirettamente Pasquale, si ha sempre bisogno.

"È proprio Raffaele a definire al meglio la figura di Lojacono come borghese, pur se un borghese alla soglia del fallimento economico (quello familiare, ormai, è certo)... "