John Fante, un eterno "giovane autore".
Alfonso Falanga,13 luglio 2023.

-Vi presento Arturo Bandini.
-L'ossessione per lo scrivere, alla Martin Eden.
-Un persistente senso di incompiutezza.
-Un percorso sentimentale, esistenziale, artistico.
-Arturo diventa Nick, ma la sostanza è la stessa.
-Sogni di Bunker Hill: un testamento letterario o un libro su Hollywood?
-Questa è Hollywood.
-Un nuovo inizio, ma solo per Arturo.
"Arturo Bandini accompagna il racconto dei suoi sforzi giovanili di diventare un affermato scrittore- un obiettivo perseguito con una ossessiva caparbietà che sembra ereditata da Martin Eden- alla descrizione della ricerca, altrettanto ossessiva, di un completamento spirituale...".
-Vi presento Arturo Bandini.
Passionale, irruento, narcisista, ossessivo, confuso: una baraonda emotiva che include molteplici esempi di intensa poesia e di alto livello narrativo.
Ecco una sintesi di quanto si può affermare su John Fante (1909-1983) attraverso la lettura delle sue principali opere: La strada per Los Angeles (prima stesura: 1933-stesura definitiva: 1938- anno di pubblicazione: 1985), Aspetta primavera, Bandini (1938), Chiedi alla polvere (1939), La confraternita dell'uva (1977) e Sogni di Bunker Hill (1982).
Si tratta di storie in cui l'autore, attraverso il suo alter ego Arturo Bandini (in La confraternita dell'uva diventa Henry Molise), unisce la narrazione di vicende personali – fortemente intrise di elementi autobiografici inclusa la frequentazione di Hollywood a cui Fante si riferisce in Sogni di Bunker Hill- all'evocazione del disagio di chi, in quegli anni, resta escluso dal sogno americano. Oppure vi ha avuto accesso, ma con costi emotivi molto alti.
-L'ossessione per lo scrivere, alla Martin Eden.
Arturo Bandini accompagna il racconto dei suoi sforzi giovanili di diventare un affermato scrittore-in cui mostra una ossessiva caparbietà che sembra ereditata da Martin Eden- alla descrizione della ricerca, altrettanto ossessiva, di un completamento spirituale: è questo un percorso che lo rende particolarmente vulnerabile al fascino femminile e che, perciò, lo fa innamorare facilmente, seppure intensamente, di donne che, se è vero che non lo allontanano, nemmeno lo accolgono; e di rifiutare, invece, donne che lo amano appassionatamente, sinceramente. Ad ogni amore non corrisposto, o bruscamente interrotto, Arturo vede confermarsi quel senso di vuoto- quel percepirsi a metà- che diventa per lui una vera e propria condizione esistenziale.
-Un persistente senso di incompiutezza.
Arturo costringe se stesso ad una definitiva incompletezza nel momento che si ostina a rincorrere l'accettazione da parte di un padre che, invece, vive tra un passato intriso dei ricordi della sua terra di origine e un frustrante presente fatto di lavoro precario, instabilità economica, rapporti familiari a dir poco conflittuali.
Questa affannosa ricerca- dello status di affermato scrittore, dell'amore delle donne, dell'accettazione paterna- Fante ben la descrive nei suoi romanzi, anzi ne evidenzia chiaramente le diverse fasi elaborando, forse inconsapevolmente, una sorta di schema che certo aiuta il lettore a districarsi in quella "baraonda" emotiva di cui sopra.
-Un percorso sentimentale, esistenziale, artistico.
Se in La strada per Los Angeles e Aspetta primavera, Bandini, che pur mostrano profonde tracce della conflittualità familiare che inquina le giornate del giovane Arturo, è particolarmente evidente la tensione del protagonista verso lo status di scrittore, in Chiedi alla polvere e La confraternita dell'uva c'è la testimonianza dell'avvenuta concretizzazione di quel sogno che, però, si svela insufficiente a riempire vuoti di altro genere. Si tratta di spazi bui che né fama né denaro né amori occasionali potranno mai illuminare.
È quanto accade particolarmente in Chiedi alla polvere, dove Arturo si realizza come scrittore ma resta sentimentalmente incompleto: si innamora della bella Camilla Lopez, e Camilla lo ama, lo cerca, mostra in più occasioni quanto abbia bisogno di lui ma il suo non è il tipo di amore che Arturo chiede. E', quello della donna, l'amore per Bandini come punto di riferimento, come ancora di salvezza nei momenti tristi a cui la destina l'amore verso un altro uomo che, a sua volta, la rifiuta e la maltratta fisicamente e psicologicamente. Un amore tossico che intossica anche il rapporto con Arturo che, invece, offre a Camilla una passione totale e incondizionata: è la passione di un uomo il cui mondo si esaurisce nel nome, nel volto e nel corpo della donna che ama.
"Accogli il mio desiderio nei tuoi occhi inquieti e nutri con esso le rondini che volano nei campi d'autunno, perché ti amo, Camilla, e il tuo nome è sacro come quello della principessa che morì per un amore non corrisposto", (Chiedi alla polvere -Ask the Dust, 1939-, tr. Maria Giulia Castagnone, Einaudi, 2004, p. 166).
"-Mio padre sarebbe stato un uomo più felice se non avesse avuto una famiglia...I figli erano i chiodi che lo tenevano crocefisso a mia madre...Non gli andavano particolarmente a genio, e di certo non ci amava proprio. Eravamo soltanto dei ragazzi comuni, normali e senza qualità fuori dall'ordinario; lui aveva sperato in qualcosa di più. Eravamo una corvée che andava fatta (J. Fante, La confraternita dell'uva - The Brotherhood of the Grape, 1977- tr. Francesco Durante, Einaudi, 2004, pp. 38-39)-".
-Arturo diventa Nick, ma la sostanza è la stessa.
In La Confraternita dell'uva i veri protagonisti sono il padre (Nick Molise, riproposizione dello Svevo Bandini degli altri romanzi) e i suoi compagni di vita e di lavoro: immigrati come lui, manovali, gente pratica, che conosce e riconosce solo la fatica fisica e disprezza l'impegno intellettuale-come quello di Henry- ritenendolo un segno inequivocabile di inutilità e incapacità. E' gente che si sente estranea al Nuovo Mondo nonostante ci viva e ci lavori da decenni, che trova conforto solo nello stare insieme – che è sfogarsi l'uno sull'altro e nel bere uno con l'altro, dando vita ad una vera e propria confraternita (degli ubriaconi o dell'uva, a scelta)- e nel contemplare ed esaltare il risultato del proprio lavoro fisico, materiale, manuale. In quest'ambiente emerge in misura devastante la consapevolezza del giovane Henry/Arturo di essere stato, per il padre, un intruso, un intralcio. Un impedimento alla realizzazione dei suoi sogni di immigrato, anche se, di fatto, Nick di sogni non è che ne avesse tanti tranne quello, più che di tornare al suo paese di origine tra le montagne dell'Abruzzo, di non essere mai andato via da lì.
Henry Molise/Arturo Bandini non può esprimere questa consapevolezza più chiaramente di quanto lo faccia in alcuni struggenti passaggi:
"Mio padre sarebbe stato un uomo più felice se non avesse avuto una famiglia...I figli erano i chiodi che lo tenevano crocefisso a mia madre...Non gli andavano particolarmente a genio, e di certo non ci amava proprio. Eravamo soltanto dei ragazzi comuni, normali e senza qualità fuori dall'ordinario; lui aveva sperato in qualcosa di più. Eravamo una corvée che andava fatta"(J. Fante, La confraternita dell'uva - The Brotherhood of the Grape, 1977- tr. Francesco Durante, Einaudi, 2004, pp. 38-39).
"Il mio vecchio non aveva mai desiderato dei figli. Aveva desiderato apprendisti muratori e scalpellini. Aveva invece ottenuto uno scrittore, un cassiere di banca, una figlia sposata e un frenatore di treni. Si può dire che avesse tentato di trasformare i suoi figli in scalpellini allo stesso modo in cui sapeva trasformare la pietra, ma il colpo era andato a vuoto", (cit., p. 46).

"-A mano a mano che il tempo passava, mi sentivo come un orfano, un paria, improduttivo, sconosciuto, in esilio. Il denaro mi teneva lì, l'assenza di povertà e la paura che tornasse, (J. Fante,Sogni di Bunker Hill -Dreams from Bunker Hill, 1982-,tr. Francesco Durante, Marcos y Marcos, Mi., 1996, p. 73)-".
-Sogni di Bunker Hill: un testamento letterario o un libro su Hollywood?
Sogni di Bunker Hill è l'approdo finale del percorso artistico di John Fante e, insieme, l'ultima tappa di Arturo Bandini nella sua ricerca di un completamento personale e professionale.
In quest'opera il senso di vuoto del protagonista è alimentato dalla frustrazione di un lavoro che, pur facendogli guadagnare una montagna di dollari, è, in sostanza, un non lavoro.
"A mano a mano che il tempo passava, mi sentivo come un orfano, un paria, improduttivo, sconosciuto, in esilio. Il denaro mi teneva lì, l'assenza di povertà e la paura che tornasse", (J. Fante,Sogni di Bunker Hill -Dreams from Bunker Hill, 1982-,tr. Francesco Durante, Marcos y Marcos, Mi., 1996, p. 73).
Arturo è approdato ad Hollywood. Qui vive una prima deludente esperienza quando, su commissione di un agente letterario, revisiona il racconto della bella Jennifer Lovelace, un testo esageratamente lungo e, a parer suo, scadente e che, perciò, rivede e corregge come ritiene che vada fatto. Ma Jennifer, dopo aver visionato il risultato, si arrabbia e protesta con Dumont, l'agente letterario. Di conseguenza Arturo perde il suo primo lavoro e non ne capisce i reali motivi. Eppure queste incomprensioni non gli impediscono di innamorarsi perdutamente, inutilmente, della bella Jennifer.
Successivamente trova lavora come sceneggiatore presso il produttore cinematografico Henry Schindler: l'euforia iniziale è ben presto soffocata dalla delusione, Arturo, infatti, non fa altro che scrivere testi che mai vedono la luce pur se pagati profumatamente. Inoltre Henry lo sorprenderà in un rapporto sessuale con Thelma, l'assistente di Arturo che è, però, anche sua moglie: circostanza di cui Arturo verrà a conoscenza solo in quell'occasione. Henry, pur ritendendo responsabile del fatto principalmente Thelma più che Arturo, comunque lo licenzierà.
Poi conosce Cyril Korn, un agente letterario che, dopo una lunga e deprimente attesa, gli chiede di affiancare Velda van der Zee nella realizzazione di una sceneggiatura che dovrà tradursi in un film.
Arturo non si lascia ammaliare dall'eccentrica Velda, che lo avvolge nelle sue logorroiche descrizioni del mondo in cui dice di vivere, un mondo che sembra irreale tanto che è perfetto, desiderabile, stimolante.
"Le parole rotolavano dalle sue labbra inarrestabili. Non c'erano dubbi in proposito, era una macchinetta. Viveva in un mondo di nomi, né corpi né esseri umani, ma nomi celebri. Niente di quel che diceva poteva essere vero. Lei semplicemente mentiva, cinguettando senza posa. Era una bugiarda, un'adorabile bugiarda, la sua mente traboccava di favole assurde", (cit.,p. 84).
La sceneggiatura viene da Velda portata avanti- quando lo è, portata avanti, e lo è solo quando Velda non è troppo impegnata a descrivere il suo mondo disincantato e perfetto, quando non è troppo presa dal vagare, a volte tirandosi dietro lo stesso Arturo che sempre meno comprende quel che accade, tra i meandri di quel mondo - in modo casuale, approssimativo, del tutto svincolato dai parametri stilistici e artistici di Bandini. Il risultato è scandente, secondo Arturo, al punto che egli non vuole che compaia il suo nome tra quello degli autori, Si sente, così, a posto con la sua coscienza di uomo e di scrittore: forse, per la prima volta, in virtù di questa salda presa di posizione, il giovane avverte il senso di completezza a cui tanto ha aspirato ed aspira…per poi scoprire che il metodo di Velda è per eccellenza il metodo di Hollywood, fabbrica di soldi- tanti e per tutti- e che chiede in cambio, a coloro che da essa di lasciano fagocitare, appunto casualità, approssimazione, disimpegno. In poche parole, Arturo scopre che Hollywood è una macchina trita-talenti che reclama prodotti scadenti e, per questo, facilmente vendibili a un pubblico che è sempre più di massa, che è l'unica divinità ai cui piedi è pronta a prostrarsi l'industria cinematografica hollywoodiana degli anni '30 e '40. Non a caso il lavoro di Velda, così disprezzato da Arturo, diventa un film di successo.
A questo si aggiunge la delusione che prova quando fa la diretta conoscenza del suo venerato Sinclair Lewis: il suo idolo si svela ai suoi occhi - gli occhi di un allievo che adora il maestro e verso cui ha, perciò, aspettative alte, altissime, a cui chiede coerenza tra arte e vita reale- un uomo al pari di altri, forse anche più meschino di altri.

"Arturo capisce, allora, che la sua incompletezza potrà vincerla solo rimettendosi in gioco. Ricominciando daccapo. Tornando al punto di partenza".
-Questa è Hollywood.
Questa è Hollywood, insomma. O prendere o lasciare. E Arturo lascia, per tornare dalla sola donna che si accorge di avere veramente amato, che ama e che l'ha amato fino al momento in cui lo ha allontanato.
Si tratta della signora Helen Brownell, la proprietaria dell'alberghetto in cui ha alloggiato. Helen è più adulta di Arturo e non di poco (al punto, che al ristorante, il cameriere la scambia per la madre), bella dentro ma non tanto bella fuori, che porta con sé e su di sé ogni traccia degli anni. È proprio l'episodio del ristorante che fa sì che Helen emerga bruscamente dall'illusione di poter concedersi un rapporto "normale" con un uomo più giovane, dimenticando la realtà "vera" : e quando la realtà "vera" si mostra- a causa di quel cameriere- perciò lo allontana, rintanandosi caparbiamente nel suo albergo.
Arturo è da lei che torna per riprendersi dalle delusioni- amorose e professionali- a cui l'ha costretto Hollywood. Vi torna con convinzione e deciso a vincere ogni resistenza da parte di Helen. Ma sarà tardi. Subirà una ulteriore delusione.
Arturo capisce, allora, che la sua incompletezza potrà vincerla solo rimettendosi in gioco. Ricominciando daccapo. Tornando al punto di partenza.
"Così ero tornato a tornato a Los Angeles, con due valigie e diciassette dollari. Mi piaceva, con la sua distesa di cieli azzurri, il sole sul viso, le strade simpatiche, seducenti, invitanti, il cemento e i ciottoli, morbidi e confortevoli come vecchie scarpe", (cit., p. 143).
-Un nuovo inizio, ma solo per Arturo.
Se un nuovo inizio è concesso ad Arturo, non vale altrettanto per il suo creatore.
Sogni di Bunker Hill è l'ultima opera di John Fante.
Il corpo, ma non lo spirito, dello scrittore è ormai vinto dal diabete: Fante, reso cieco e privato delle gambe dalla malattia, dal letto di morte, con la stessa caparbietà del giovane Bandini aspirante scrittore, detta il testo alla moglie. L'autore dà forma, così, a un romanzo che, per maturità artistica, si distingue dagli altri pur richiamandone- ed evidenziandone ulteriormente tutta la drammaticità- le principali tematiche. Che, di fatto, si riducono a una: il senso di incompiutezza che mai abbandona l'eternamente giovane Arturo Bandini. E, forse, lo stesso eternamente giovane John Fante.