Alberto Moravia, Gli indifferenti (1929), Bompiani, 1976.

"Sotto il lampadario a tre braccia il blocco bianco della tavola scintillava di tre minute schegge di luce, i piatti, le caraffe, i bicchieri, come appunto un blocco di marmo appena scalfito dagli scalpellini; c'erano delle macchie, il vino era rosso, il pane marrone, una minestra verde fumava dal fondo delle scodelle; ma quel candore le aboliva e splendeva immacolato tra quattro pareti su cui, per contrasto, tutto, mobili e quadri, si confondeva in una sola ombra nera…", p. 17.
"Piccolo ma angoscioso tragitto attraverso il corridoio; Carla guardava in terra pensando vagamente che quel passaggio quotidiano dovesse aver consumato la trama del vecchio tappeto che nascondeva il pavimento; e anche gli specchi ovali appesi alle pareti dovevano serbare la traccia delle loro facce e delle loro persone che più volte al giorno da molti anni vi si riflettevano, oh, appena un istante, il tempo di esaminare, la madre e lei, il belletto, e Michele il nodo alla cravatta…", p. 25.
"Carla guardava queste cose con uno stupore tranquillo; nessun pensiero passava attraverso la sua contemplazione: ella stava seduta sul suo letto, nella sua camera, la luce era accesa, ogni cosa era al suo posto come le altre sere, ecco tutto…", p. 44.
"-Siamo tutti uguali- pensò: -fra mille maniere di fare un'azione, scegliamo sempre istintivamente la peggiore- ", p. 58.

"-Questo vorrei sapere- ripeté, - e se sia possibile continuare così, tutti i giorni con questa noia, e non cambiare mai e non lasciar mai queste miserie e compiacerci di tutte le stupidità che ci passano per la testa, e discutere e litigarci sempre per le stesse ragioni e non staccarci mai da terra, neppure di tanto…- ", p. 75.
"La madre rideva; ella guardò Leo, poi Mariagrazia; -ubriacarsi-, pensò d'un tratto febbrilmente, atterrita; quelle facce là, nella luce bianca del pomeriggio la spaventavano, erano i volti meschini e incomprensivi della sua vita: - non veder più tutto questo-; con disgusto alzò il calice, bevve, giù, finché non lo vide vuoto…", p. 85.
"Si guardarono: una grave e pesante eccitazione galleggiava negli occhi inespressivi dell'uomo; aveva posato la candela sulla tavola e con le dita setolose tormentava la mano di Carla, una mano che gli piaceva molto perché era bianca, fredda e magra…", p. 133.
"Addio strade, quartiere deserto percorso dalla pioggia come da un esercito, ville addormentate nei loro giardini umidi, lunghi viali alberati, e parchi in tumulto…", p. 167.
"Nel sonno di Leo, gli squallidi personaggi dell'alba, i personaggi dei sonni torbidi nel mattino, mentre il sole brilla e nella stanza disfatta la luce filtra da tutte le parti come l'acqua in un bastimento sdrucito, entravano, uscivano", p. 195.

"Ma aveva veduto, aveva provato quel che sarebbe diventato, se non avesse saputo vincere la propria indifferenza: senza fede, senza amore, solo, per salvarsi bisognava o vivere con sincerità e secondo degli schemi tradizionali questa sua intollerabile situazione, o uscirne per sempre…", p. 246.
"Allora gli venne un'idea disperata; poiché l'ultima prova era fallita e nessun più violento stimolante era riuscito a galvanizzare il suo spirito morto, non sarebbe stato meglio decidersi una buona volta a finger tutto, amore, odio, sdegno, finger senza parsimonia, con larghezza, anzi con grandiosità, come chi ha anche da buttarne via?", p. 263.
"Quando furono sulla soglia del portone si accorsero che pioveva dirottamente; senza violenza, ma con sciatta abbondanza come da un catino sfondato…", p. 305.