
- I vagabondi del Dharma (The Dharma Bums, 1958), tr. Magda de Cristofaro, Mondadori, 1975.
"Saltato su un treno merci che partiva da Los Angeles in pieno mezzogiorno di una giornata di fine settembre del 1955 presi posto su un carro aperto e mi sdraiai col mio sacco a spalla sotto la testa a gambe accavallate e contemplai le nuvole mentre correvamo a nord verso Santa Barbara", p. 7.
"Nel frattempo la macchina cominciò a inerpicarsi sul pendio di non so quali colline e giungemmo in svariati tetri paesi nei quali ci fermammo per far benzina e nelle strade nient'altro che tanti Elvis Presley in blue jeans, in attesa di menar le mani con qualcuno, ma più in là dietro a loro il fragore di freschi torrenti e la sensazione delle alte montagne poco distanti", pp. 39-40.
"Andammo avanti, ed ero immensamente soddisfatto di quel certo aspetto immortale che aveva il sentiero, ora nel primo pomeriggio, di come il fianco erboso della collina pareva annebbiato di antica polvere d'oro mentre gli insetti saettavano sui sassi e il vento sospirava in tremule danze sulle pietre infuocate...", p. 53.
"<Il segreto per questo genere di scalate> disse Japhy < è come lo Zen. Non pensare. ... A ogni passo si presentano piccoli simpatici problemi eppure non si esita mai e ci si ritrova su qualche altro masso che si è scelto senza nessuna particolare ragione al mondo, proprio come nello Zen>", p. 56.
"Montagna fredda è una casa, senza travi né pareti, sono aperte le sei porte a dritta e a manca, il salone è il cielo azzurro, vuote e deserte sono le stanze, la parete a levante incontra quella a ponente, al centro proprio niente. Non mi seccano i vicini importuni, se ho freddo m'accendo un piccolo fuoco, se ho fame cucino un po' di verdura, che mi importa del kulak col suo capace granaio e il pascolo...lui non fa altro che allestirsi una prigione, una volta dentro, non può uscirne, pensaci su, potrebbe succedere a te", p. 87."
"Sistemai il mantello e le gambe e sedetti a meditare. I cani meditavano accucciati sulle zampe. Stavamo tutti perfettamente immobili. La campagna lunare era completamente avvolta in un silenzio brinato, neanche il più lieve fruscio di conigli o procioni in alcun luogo. Un assoluto gelido benedetto silenzio", p. 113.
"Il silenzio è così intenso che si può udire il rombo del proprio sangue nelle orecchie ma infinitamente più forte di questo è il rombo misterioso che ho sempre identificato col rombare del diamante della saggezza, il misterioso rombo del silenzio stesso, che è un immenso Sssst che ricorda qualcosa che pare d'aver dimenticato nell'ansia delle nostre giornate fin dalla nascita", p. 131.
"Era una valle fluviale di sogno, il vuoto di quell'eternità dorata, odori di muschio e corteccia e fronde e fango, tutti ululanti misteriosi brani di visione davanti ai miei occhi, purtuttavia tranquille e senza fine, gli alberi che crinivano i declivi, la luce guizzante del sole. ... tutto era eternamente libero e ricettivo, tutto e dovunque trascendeva il vero, trascendeva l'azzurro spazio vuoto", p. 187.