Eduardo De Filippo, Il Sindaco del Rione Sanità (1960), in Cantata dei giorni dispari, Vol. III, Einaudi,2018.
"ANTONIO […] Mmacula'!
IMMACOLATA (pronta) Dicite, don Anto'.
ANTONIO Purtateme 'o scostumato.
IMMACOLATA (che non ha compreso) 'O scostumato…?
ANTONIO 'O parlanfaccia.
IMMACOLTA (c.s. chiede spiegazioni al dottore) Dotto'…?
Fabio non può aiutarla perché nemmeno lui ha capito.
ANTONIO L'unica cosa di questo mondo che quando parla dice la verità: 'o specchio.
IMMACOLATA Ah! E io non avevo capito (Esce svelta).
ANTONIO (dopo un momento di meditazione) No, mi sbaglio: c'è un'altra cosa che non dice mai bugie: 'a morte. L'uomo che appartiene alla streppegna schifosa e falsa dell'umanità, per commettere ingiustizie si può fingere sordo, muto, cecato, malato 'e core, paralitico, tisico, pazzo…se po' fa credere in punto di morte…e i medici, compreso voi professo', devono fare prove e controprove per assodare se l'infortunio o la malattia sono veraci o no; ma quanno è morto, 'o core dice 'a verità: se ferma. E allora è l'unico momento che il medico curante è sicuro di quello che dice, senza paura di sbagliare: il decesso è avvenuto per paralisi cardiaca", pp. 29-30.
"ANTONIO […] Professo', e io non sono un assassino? Giacchino, 'o guardiano d' 'a tenuta Marvizzo chi l'ha ucciso, non l'ho ucciso io? E la ragione la conoscete?
FABIO No, e non ve l'ho mai chiesta.
ANTONIO Se vi dico che la ragione era dalla parte mia mi dovete credere. Avevo diecimila volte ragione. Quella carogna doveva morire. Mi creai tutti gli alibi, presentai otto testimonianze false. Fui assolto per legittima difesa, e oggi sono incensurato e tengo il porto d'arme.
FABIO E che significa?
ANTONIO Che chi tiene santi va in paradiso, e chi non ne tiene…
FABIO …va all'inferno.
ANTONIO No, viene da me", p. 38.

"ANTONIO Avete portato il titolo?
PASCALE Eccolo qua (Lo estrae dal portafoglio e lo mostra).
ANTONIO (glielo toglie delicatamente di mano) Facciamo qua le pezze e qua il sapone.
PASCALE Precisamente.
ANTONIO Vi dovete accontentare di tutti biglietti da diecimila...
PASCALE Non vi preoccupate. Io tengo la tasca segreta nella fodera della giacca.
ANTONIO E allora siamo a posto. (A Geraldina) Bella 'e papà, apri 'o tiretto.
GERALDINA Quale tiretto, papà? (Guarda il tavolo che non ha ombra di cassetti).
ANTONIO Questo tiretto qua, figlia mia. (Finge di aprire un cassetto al centro del tavolo) Ecco qua, questi sono tre pacchi da centomila lire ognuno. (Finge di prendere i tre pacchi) Uno, due e tre. (Li mette sul tavolo con lo stesso sistema) Don Pasqua', io li ho contati: volete avere l'amabilità di contarli voi, adesso?
PASCALE (non avendo ancora capito il gioco, guarda Antonio non sapendo se dubitare delle proprie o delle facoltà mentali dell'altro) Don Anto', e che conto?
ANTONIO Le trecentomila lire.
PASCALE (c. s.) Ma...Don Anto'...
ANTONIO Contate. (E punta con insistenza negli occhi dell'uomo il suo sguardo d'acciaio).
PASCALE (impaurito e quasi affascinato da quello sguardo tremendo, capisce che l'unica via di salvezza per lui è quella di contare l'immaginaria somma. E sotto gli occhi vigili di Antonio e quelli divertiti degli altri, Pascale, con la morte nel cuore, finge di mettere uno sull'altro trenta fogli da diecimila) Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove, dieci...
ANTONIO. E sono cento. Contate.", pp. 43-44.