Ingeborg Bachmann, Il trentesimo anno (Das dreißigste Jahr,1961), tr. Magda Olivetti, Feltrinelli, 1985.
"Getta la rete della memoria, la getta attorno a sé e tira su se stesso predatore e preda insieme, oltre la soglia del tempo, oltre la soglia del luogo, per capire chi egli sia stato e chi sia diventato. Perché prima di allora aveva vissuto semplicemente alla giornata[…]S'immaginava di avere innumerevoli possibilità e credeva, per esempio, di poter diventare qualsiasi cosa:[…]Un grand'uomo, un faro per l'umanità[…]si vedeva costruire ponti, strade, al lavoro in mezzo a un cantiere[…]Oppure rivoluzionario, uno che appicca il fuoco alle marce fondamenta dell'umanità[…]O un fannullone saggio[…]Non aveva che quest'unica vita da vivere, quest'unico io da giocarsi, era avido di felicità, di bellezza, fatto per la felicità e assetato d'ogni splendore!", pp. 13-14.
"Non riesce più a viere in mezzo alla gente. La gente lo paralizza, si fa di lui l'immagine che più le piace. Non appena si sta in un luogo per un certo tempo, si appare sotto troppe forme, troppe immagini create dalle chiacchiere della gente, e si ha sempre meno il diritto di far riferimento a se stessi", p. 16.
"Ma io chi sono, nel settembre dorato, se da me tolgo tutto ciò che gli altri hanno fatto di me? Chi sono, quando volano le nuvole? Lo spirito che alberga nella mia carne è un imbroglione anche peggiore di quella finta santa che lo ospita. Incontrarlo, ecco quel che temo sopra ogni cosa. Poiché tutto ciò che penso non ha niente a che vedere con me. Ogni mio pensiero non è altro che il germogliare di un seme estraneo. Non sono in grado di pensare a nulla di ciò che mi ha veramente toccato. Penso invece a cose che non mi toccano affatto", p. 20.
Il legame tra le parole e i fatti nel mondo di Ingeborg Bachmann:
Il trentesimo anno, un romanzo-saggio sull'argomento.
"Sonno d'ombre, alata letizia sopra gli abissi. Quando l'uno non tiene più stretto l'altro, ma lo lascia andare solo e tranquillo, quando la piovra-uomo ritrae i suoi tentacoli e non divora più il suo prossimo…Umanità: saper mantenere le distanze", p. 22.
"Quante volte ho implorato un po' di pace, molte volte persino senza sapere perché, solo per potersi finalmente coricare, per poter finalmente spegnere la luce e al buio dirigere lo sguardo verso quelle lontananze da cui era stato distolto. Lasciatemi in pace, lasciatemi in pace una buona volta! [...]Come tutti gli esseri umani non arriva a nessuna conclusione. Non vorrebbe vivere come una persona qualsiasi, ma nemmeno come una persona speciale. Vorrebbe andar coi tempi nuovi e al tempo stesso combatterli. […] Vorrebbe gli schieramenti e non li vorrebbe. È portato a comprendere la debolezza, l'errore, la stupidità, ma vorrebbe combatterli e stigmatizzarli. Tollera e non tollera. Odia e non odia. Non riesce né a tollerare né a odiare", pp. 46-47.

"Non andare troppo lontano. Prima impara ad andare avanti. Imparalo tu", p. 72.
"Amava il mondo dei preparativi e delle opinioni su tutto, il mondo dei calcoli, degli intrighi, dei rischi, il mondo in cui si mescolano le carte. Gli piaceva stare a vedere gli altri mescolare le carte e si intrometteva quando le carte non erano più buone, interveniva oppure aspettava che tutte le carte vincenti fossero state giocate e allora interveniva nuovamente", p. 82.
"La gente beveva e ballava svogliatamente; Charlotte tuttavia ebbe la sensazione di essere finita in un luogo infernale, mandata al rogo e sottoposta a supplizi a lei ancora sconosciuti. La musica e il rumore delle voci la torturavano poiché si era illecitamente allontanata dal suo mondo e temeva di esser vista o scoperta da qualche conoscente", p. 103.
"E che cos'è la verità sul mondo, visto che io resto un enigma anche per me stesso e io solo ho già tanti modi diversi di vedere, di sentire e di capire!", p. 148.
"Io inseguo la verità […] Bisogna regolarla sulle medie temperature", p. 159.
"Sono stati un bene, malgrado tutto, i vostri discorsi, il vostro girovagare, il vostro zelo e la vostra rinuncia alla verità totale perché venisse detta una mezza verità, perché fosse rischiarata quella metà del mondo che nel vostro zelo siete ancora riusciti a intravedere", p. 168.