- John Steinbeck, L'inverno del nostro scontento (The Winter of Our Discontent, 1961), tr. Luciano Bianciardi, Bompiani, 2011.
"Anche lì scaffali fino al soffitto, colmi di lucide latte e di vitrei flaconi ben allineati: una biblioteca dello stomaco", p. 30."
"Non è che un uomo finisca fuori combattimento, ossia, dico, un uomo si batte contro le cose grosse. Ma quel che l'uccide è l'erosione, a furia di colpetti finisce al tappeto. A poco a poco si impaurisce. E io ho paura", p. 34.
"Il forestiero entrò, un uomo smilzo, un uomo eternamente giovane che giovane non era mai stato", p. 44.
"Tre cose non saranno mai credute: quella vera, quella probabile, quella logica", p. 57.
"Mary dice che io partecipo ai guai altrui che non esistono", p. 60.
"...io mi chiedevo se tutti gli uomini hanno un posto, se ne han bisogno, o se invece lo vogliono e non l'hanno. A volte ho visto uno sguardo negli occhi, uno sguardo frenetico d'animale, come per bisogno di un posto tacito, segreto dove si mitighino i fremiti dell'anima, dove un uomo sia un uomo e se ne avveda", pp. 69-70.
"Accade mai che uno conosca più della scorza esterna del suo prossimo?", p. 77.
"Non vedevano quel che non riuscivano a spiegare", p. 98.
"E' come se nelle buie e desolate grotte della mente si fosse riunita una giuria senza volto, a decidere. Questa zona segreta  insonne, in me, io l'ho sempre pensata come un'acqua nera, profonda, un luogo di fecondazione, da cui solo poche forme emergono in superficie", p. 117.
"E se io dovessi mettere da parte le norme, per qualche tempo, so che dopo ne porterei le cicatrici, ma non sarebbero peggiori delle cicatrici che stavo portando, le cicatrici del fallimento? Vivere vuol dire portare una cicatrice", pp. 124-125.
"In ogni cosa c'è qualcosa di desiderabile, se ti ci abitui, e se la contrapponi a qualcos'altro, a cui non sei abituato", p. 159.
"Il lunedì la primavera infida arretrò verso l'inverno con pioggia fredda e gran raffiche di vento che bruciavano le foglie degli alberi troppo fiduciose. I passeri sfacciati e avidi sui prati intenti alla lascivia, erano sbattuti qua e là come stracci, fuori corso e fuori bersaglio, e ciarlavano irosi contro il tempo incostante", p. 166.
"Ci sono uomini che quando sanno che sei stato onesto, cercano la disonestà che ti ha spinto a farlo", p. 174.
"Se vuoi tenerti un amico non metterlo alla prova", p. 179.
"Possiamo sparare razzi nello spazio, ma non possiamo guarire l'ira e lo scontento", p. 197.
"Sentiva gli anni venir su lentamente come il crescere della marea intorno a uno scoglio nel mare tranquillo", p. 218.
"Addio, non salve. Salve ha un dolce suono come di riluttanza. Addio è breve e finale, una parola dai denti aguzzi che mordono la corda che lega il passato al futuro", p. 252.
"Avanzavamo a fatica nel verme flaccido e segmentato del traffico, e ci sentivamo un po' superbi, e inermi e perduti, come uccelli in gabbia liberati, e spauriti perché la libertà mostra le zanne", p. 290.
"Il conflitto tra la centralità soggettiva delle nostre vie da una parte e, dall'altra, la nostra consapevolezza della sua oggettiva mancanza di significato", p. 398.
"...il fatto che il terrore di rientrare nella media rientrava a sua volta completamente nella media", p. 398.