La comunicazione nella formazione aziendale
Alfonso Falanga, 12 novembre 2022

"La pratica ci dice che, a volte, almeno in determinati contesti, così non è. Non solo la comunicazione avviene, in questi casi, tra chi è in disaccordo e non ha alcuna intenzione di giungere a un'intesa -dinamica alquanto frequente, prevista e prevedibile e che rientra, perciò, nella normalità della comunicazione-ma, più precisamente, lo scambio ha luogo tra soggetti che tutto vorrebbero fare tranne quel che stanno facendo-comunicare- e che vorrebbero essere da tutt'altra parte".
Sommario.
-Una visione "buonista" della comunicazione: è plausibile, oggi?
-Quando l'aula è assente (con la volontà, l'attenzione e l'immaginazione): la comunicazione conflittuale a prescindere.
-Per una definizione coerente e attuale dell'aula.
-Oltre la retorica.
-Tipologie di partecipanti.
-Che fare.
-Una visione "buonista" della comunicazione: è plausibile, oggi?
Quando si discute di comunicazione a volte lo si fa adottando linguaggi che potremmo definire "buonisti". Vale a dire che, in queste circostanze, si propone un'idea del comunicare come un'attività che si realizza tra persone che, se proprio non sono già d'accordo, almeno manifestano la disponibilità ad aprirsi l'una all'altra. Sono pronte, insomma, a trovare un punto di incontro.
Tale prospettiva poggia su una premessa di fondo e cioè che quegli stessi individui siano lì per scelta. Ovvero, che vogliano essere proprio lì in quel preciso momento per fare proprio ciò che stanno facendo: comunicare. Lo faranno poi perché spinti da particolari esigenze e interessi...ciò che conta è che, lì, ci vogliono essere.
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-Quando l'aula è assente (con la volontà, l'attenzione e l'immaginazione): se la comunicazione è conflittuale a prescindere.
La pratica ci dice che, a volte, almeno in determinati contesti, così non è. Non solo la comunicazione avviene, in questi casi, tra chi è in disaccordo e non ha alcuna intenzione di giungere a un'intesa -dinamica alquanto frequente, prevista e prevedibile e che rientra, perciò, nella normalità della comunicazione-ma, più precisamente, lo scambio ha luogo tra soggetti che tutto vorrebbero fare tranne quel che stanno facendo-comunicare- e che vorrebbero essere da tutt'altra parte.
Non si tratta, quando accade, di una semplice "mancanza di voglia" (viene in mente lo stereotipo dello studente che, mentre l'insegnante fa lezione, vorrebbe trovarsi "spaparanzato" al sole in riva al mare) oppure di un ragionato e argomentato "non mi interessa perché...". È un rifiuto ben più profondo, di natura più emotiva che logica e connesso ad uno scenario socio-economico di più ampio raggio.
Gli esempi non mancano, al riguardo, e riconducibili a vari settori del sociale, del privato e dell'ambito professionale.
Voglio, però, attenermi a scenari che più mi competono e perciò limito questa riflessione al contesto formativo e, nello specifico, a quello della formazione aziendale.
"Un insieme di dinamiche che produrrà, dunque, aule sempre più critiche e potenzialmente disinteressate a tutto ciò che non si traduca, in brevissimo tempo, in vantaggi materiali. Il che, oggi più che mai, è un'istanza legittima e di cui il formatore deve tenere conto".
-Per una definizione coerente e attuale dell'aula.
Sia chiaro che non è in atto una sorta di recriminazione verso i partecipanti ai percorsi formativi, particolarmente quelli organizzati dall'azienda e in cui, perciò, i destinatari sono in qualche modo obbligati ad esserci. Né è una lamentela generalizzata verso la scarsa propensione all'apprendimento da parte di questi medesimi partecipanti. È, invece, il tentativo di giungere ad una definizione, il più coerente possibile, dello scenario in cui il formatore si trova, o può trovarsi, ad agire e ciò particolarmente in un immediato futuro che, come purtroppo sappiamo, sarà alquanto complesso per ciò che concerne l'economia e il mondo del lavoro. Un insieme di dinamiche che produrrà, dunque, aule sempre più critiche e potenzialmente disinteressate a tutto ciò che non si traduca, in brevissimo tempo, in vantaggi materiali. Il che, oggi più che mai, è un'istanza legittima e di cui il formatore deve tenere conto.

"Il Formatore deve liberarsi di qualsivoglia pretesa di cavalcare, per domarla, l'onda emotiva espressa dall'aula. Può tutt'al più impegnarsi a gestirla ovvero ad accoglierla e utilizzarla ai fini dell'efficacia ed efficienza del suo intervento. Il che, in effetti, rappresenta, in buona parte, il suo lavoro".
-Oltre la retorica.
Pertanto, al di là della retorica dell'aula fatta di "belle persone" e dei momenti formativi come "magnifiche esperienze umane e professionali" (nessuno dice che ciò non accada e che le aule siano fatte da "brutte persone"), si vuole suggerire che il formatore deve prepararsi a sostenere il confronto-almeno negli ambiti qui assunti come riferimento- con aule particolarmente conflittuali, pur senza scivolare in pregiudizi e in comportamenti da "profezia che si auto-adempie". Eppure, deve prepararsi: deve farlo sia emotivamente che sotto l'aspetto cognitivo, oltre che dotarsi di contenuti il più coerenti possibili con le effettive esigenze dell'aula. Ciò a salvaguardia sia dell'efficacia dei suoi interventi che della sua tenuta emotiva e di quella degli stessi partecipanti.
-Tipologie di partecipanti
A tale riguardo, qui si propongono alcuni tipi di destinatari in riferimento al contesto a cui ci stiamo rivolgendo:
1. chi è, a priori, diffidente verso la teoria in genere: "la teoria è bellissima ma la pratica è un'altra cosa";
2. chi è, a priori, diffidente verso la teoria ma relativamente al lavoro che sta svolgendo: "...il mio lavoro è particolare, per questo lavoro ci vuole...pratica, una particolare attitudine, un particolare carattere, ecc.;
3. chi è, a priori, diffidente verso la teoria in quanto la percepisce come una messa in discussione della propria esperienza :"...io ho sempre fatto così e mi sono sempre trovato bene";
4. chi non è interessato in quanto sta svolgendo un lavoro che non ha scelto ovvero è lì in quanto non ha trovato altro;
5. chi non è interessato in quanto ha in programma di svolgere quell'attività per un periodo breve ossia è in attesa di trovare un lavoro più consono ai suoi interessi, attitudini, istruzione, ecc. (le due ultime categorie sono le più soggette all' ampliamento nei momenti di crisi del mercato del lavoro).
"Ci attendono tempi alquanto complessi. Prevedere che tale complessità si trasferirà inevitabilmente nell'aula della formazione non è fare del pessimismo bensì è, da parte del formatore, semplicemente prepararsi a far bene il proprio lavoro. Senza false aspettative e, allo stesso tempo, tenendo a bada i propri pregiudizi".
-Che fare.
Sia chiaro che, definendo queste categorie, non si vuole esprimere alcun giudizio di valore su di esse. Si stanno solo indicando i possibili atteggiamenti emotivi e cognitivi che spingono quei partecipanti ad assumere, a priori, un atteggiamento in vario modo distaccato e contestativo verso la formazione.
Il formatore, in questa prospettiva, deve realizzare alcuni obiettivi che sembrano scontati ma che ovvii non sono, cioè:
a. risultare efficace ed efficiente nell'intervento ovvero essere utile: in sintesi, deve svolgere il suo lavoro e farlo bene;
b. favorire benessere in sé e nell'aula il che non significa trasformare un'aula conflittuale in un'aula consenziente e fatta di "belle persone" bensì realizzare l'obiettivo contenendo (se non proprio evitando) stati d'animo e convinzioni svalutative verso se stesso e verso l'aula.
Per centrare questi bersagli:
1. il formatore deve avere ben chiaro l'obiettivo dell'intervento, che vuol dire pianificare accuratamente l'argomento da trattare in aula sotto il profilo teorico e quello pratico. Dunque, risulta essenziale una chiara individuazione dei comportamenti, di esclusiva natura professionale, di cui intende sollecitare il cambiamento nei partecipanti;
2. a tale proposito, è opportuno ribadire che l'intervento formativo deve avere come "bersaglio" i comportamenti e non le convinzioni: il cambiamento sollecitato deve riferirsi all'azione e non al pensiero.
3. è d'obbligo, ai fini della prevenzione di manipolazioni e incomprensioni, comunicare preventivamente all'aula gli obiettivi dell'intervento;
4. è indispensabile che il formatore abbia consapevolezza dei propri obiettivi personali e ulteriori, evitando deviazioni e complicazioni generati da eventuali spinte salvifiche;
In ultimo, è imprescindibile che il formatore:
a. sia dotato di strumenti teorici e operativi che permettano di riconoscere e gestire manipolazioni e giochi psicologici;
b. che disponga di strategie comunicative idonee alla efficace gestione delle obiezioni.
Ci attendono tempi alquanto complessi. Prevedere che tale complessità si trasferirà inevitabilmente nell'aula della formazione non è fare del pessimismo bensì è, da parte del formatore, semplicemente prepararsi a far bene il proprio lavoro. Senza false aspettative e, allo stesso tempo, tenendo a bada i propri pregiudizi.