Sándor Márai (1900-1989)
La donna giusta (Az igazi Judit, 1941), tr. Laura Sgarioto, Krisztina Sàndor, Adelphi, 2010.
"Non è vero che con il dolore ci si purifica, che si diventa migliori, più saggi e comprensivi. Si diventa freddi, lucidi e indifferenti. Quando, per la prima volta nella vita, si comprende veramente cos'è il destino, si acquista una specie di tranquillità. Si è calmi, si è soli al mondo, di una solitudine così strana, terribile…Anche in quel periodo andai a confessarmi, come avevo sempre fatto. Ma che cosa avevo da confessare? Dove stava il mio peccato? In che cosa avevo sbagliato? ...Mi sembrava che al mondo non ci fosse creatura più innocente di me. Adesso non mi sento più così…Il peccato non è solo quello che ci insegna il catechismo. Peccato non è solo ciò che commettiamo. E anche ciò che vorremmo, ma non abbiamo la forza di fare", p. 33.
"Lessi distrattamente i titoli in prima pagina. Un piccolo Stato era scomparso dalla carta geografica del mondo. Mi sforzai di immaginare cosa avessero potuto provare gli abitanti di una nazione straniera dopo aver scoperto che la loro vita, le loro consuetudini, tutto ciò in cui credevano e su cui avevano giurato, era sparito e all'improvviso non aveva più valore, mentre da quel momento cominciava per loro qualcosa di totalmente diverso, forse migliore, forse peggiore, ma comunque ineluttabilmente diverso, come se quella che avevano sempre considerato la loro patria si fosse inabissata in fondo al mare e ora fossero costretti a vivere lì, sott'acqua, in condizioni fino a quel momento sconosciute…", p. 67.
"Quel che più disprezzo negli uomini, forse, è proprio questa codardia, la viltà con cui nascondono a se stessi e al mondo il segreto della loro vita", p. 118.
"Lei mi ama ancora, non amerà mai nessun altro. Non porta rancore, perché tra persone che si sono davvero amate non può esserci astio. Ci può essere ira, desiderio di rivalsa; ma non certo quell'astio, quella rabbia tenace che attende solo il momento di scatenarsi…Lei continua a vivere, forse non mi aspetta neanche più. Vive, e a poco a poco muore. In modo leggiadro, senza scomporsi, da brava borghese, con stile. Muore perché non riesce a dare un nuovo senso alla sua vita, perché è impossibile vivere senza la consapevolezza di essere necessari a qualcuno, senza la certezza che al mondo c'è una persona che ha assoluto bisogno di te", p. 124.
"Sai, per ogni essere umano c'è una persona che, nel misterioso e tremendo processo chiamato vita, rappresenta l'avvocato difensore, colui che vigila, il giudice e allo stesso tempo anche il complice. Questa figura è il testimone oculare. E' l'unico che ti conosce veramente, fino in fondo. Tutto quel che fai lo fai anche, in una certa misura, per questa persona, e ogni volta che hai successo, ti chiedi: «Ci crederà mai, lui?»... Il testimone resta sullo sfondo per tutta la vita. È un compagno di giochi piuttosto scomodo. Ma non puoi, e forse nemmeno vuoi, liberarti di lui", p. 171.
"Ci sarà pure un motivo per il quale la gente sopporta il tedio opprimente della convivenza organizzata, altrimenti non continuerebbe a dibattersi nell'atroce trappola di legami ormai logori; gli uomini non accetterebbero le rinunce a cui sono costretti dalle convenzioni sociali se, in fondo, non fossero convinti della loro validità. Ritengono pertanto che nessuno abbia il diritto di cercare soddisfazione, tranquillità e gioia secondo le proprie regole, perché loro, che sono la maggioranza, hanno accettato di comune accordo di subire la censura dei sentimenti e dei desideri, e approvano il sistema, la somma di tutte le censure, la civiltà…Ecco perché si indignano, formano comitati segreti, istituiscono tribunali speciali che emettono spietate sentenze sottoforma di pettegolezzi, non appena vengono a sapere che qualcuno ha osato ribellarsi e sta cercando un proprio rimedio alla solitudine", p. 220.
"La passione non ha niente di festoso. Questa forza truce, che incessantemente crea e distrugge il mondo, non interpella coloro che tocca, non chiede se a loro fa piacere o no, non si preoccupa granché dei sentimenti umani. Dà tutto e tutto pretende; esige uno slancio senza condizioni, alimentato dalla stessa energia primordiale della vita e della morte. Non esiste altro modo di sapere che cosa sia la passione…", p. 222.
"Tutto era allo sbando…le case come i rapporti tra le persone. In certi momenti credevi ancora di avere qualcosa in comune con la tua casa, o con il tuo lavoro, o con le persone; credevi di avere un reale legame con tutto questo…ma poi arrivava un bombardamento, e all'improvviso ti accorgevi di non avere niente a che spartire con quanto fino al giorno prima era ancora così importante", p. 314.
