
-Philip Roth, La lezione di anatomia (The Anatomy Lesson, 1983) tr. Vincenzo Mantovani, Einaudi, 2006.
"Non era leucemia né lupus, né diabete, non era sclerosi multipla, né distrofia muscolare, e nemmeno artrite reumatoide: non era niente. Ma per niente Zuckerman stava perdendo la propria sicurezza, il proprio equilibrio mentale e la propria dignità", p. 24.
"E se questo dolore stesse offrendo a Zuckerman l'occasione migliore che aveva mai avuto, una via d'uscita dal luogo dove non sarebbe mai dovuto entrare? Il diritto di essere stupido. Il diritto di essere pigro. Il diritto di essere nulla e nessuno. Invece di solitudine, compagni; invece di silenzio, voci; invece d progetti, ragazzate; invece di altri venti, trenta, quarant'anni di instancabile e problematica concentrazione, un avvenire di diversità, di ozio, di abbandono", p. 31.
"Vent'anni nelle alte sfere letterarie sono più che sufficienti…Viva l'allegria delle fogne traboccanti! La sentiva la melma, i liquami. La materia. Niente parole, solo materia. Tutto ciò di cui la parola prende il posto. Il più umile dei generi: la vita stessa", p. 84.
"Mostruoso, che ogni sofferenza della terra per me sia benvenuta, perché nel mio mestiere tutto fa brodo; mostruoso, che quando mi trovo davanti la storia di qualcuno non possa fare che questo: desiderare di trasformarla in materiale, ma se è la tua ossessione è la tua ossessione. Questo mestiere ha un lato demoniaco di cui il comitato per il premio Nobel non parla molto. Sarebbe bello, specialmente davanti ai bisognosi, avere motivi puri e disinteressati, ma, ahimè, non è così. L'unico paziente che lo scrittore cura è se stesso", p. 107.
"Ma Nathan non era un uomo malato: combatteva l'idea di essere malato. Ogni pensiero e ogni azione paralizzati dall'egoismo del dolore, un dolore che gira eternamente su se stesso, riducendo ogni cosa tranne l'isolamento: prima è il dolore che svuota il mondo, poi lo sforzo per vincerlo. Nathan si rifiutava di sopportarlo un giorno di più", p. 138.
"Avrebbe scritto ancora, pubblicato ancora, e la vita sarebbe diventata colossale. Ma quella che divenne colossale fu la pagina seguente. Credeva di aver scelto la vita, e invece aveva scelto la pagina seguente. Mentre rubava il tempo per scrivere racconti, non pensò mai di chiedersi cosa il tempo avrebbe potuto rubare a lui", p. 145.
"La mia vita come bolo alimentare, ecco che cosa fuggo. Ciò che inghiotti come esperienza e che poi ti torna su per essere rimasticata come arte", p. 158.
-Quando lo sai fare, Zuck, è facilissimo. È come andare in bicicletta-
-No, no, la gente tende a sminuire la complessità del proprio campo specifico. È facile solo grazie a tutto quello che sai- ", p. 163.
"Cosa impedisce la mia guarigione, quello che faccio o quello che non faccio? Cosa vuole da me questa malattia? O sono io che voglio qualcosa da lei? L'interrogatorio non aveva alcuno scopo pratico, eppure l'unico motivo della sua esistenza era questa continua ricerca del significato mancante. Se avesse tenuto un diario del dolore, l'unica voce sarebbe stata: io", p. 186.