Curzio Malaparte, La pelle (1949), Adelphi, 2010.

"Camminava come un sonnambulo, assaporando con delizia tutti gli odori, i colori, i sapori, i suoni, le immagini che fanno dolce la vita: l'odore delle frittelle, del vino, dei pesci fritti […] il lampo del sole nel vetro di una finestra, il canto di un grammofono, le fiamme dei Purgatorii di cartapesta dove i dannati bruciano ai piedi della Vergine […] una fanciulla che si pettina affacciata a una finestra, cantando «Ohi Marì» e mirandosi nel cielo come in uno specchio", p. 28.
"Il popolo napoletano sarebbe morto di fame già da secoli, se ogni tanto non gli capitasse la fortuna di poter comprare e rivendere tutti coloro, italiani o stranieri, che pretendono di sbarcare a Napoli da vincitori e da padroni", p. 29.
"Non si udiva una voce, neppure il pianto di un bambino. Uno strano silenzio gravava sulla città affamata, madida dell'acre sudore della fame, simile a quel meraviglioso silenzio che si diffonde nella poesia greca, allorché la luna si leva lentamente dal mare. E già dal remoto ciglio dell'orizzonte si levava pallida e trasparente la luna, eguale a una rosa, e il cielo dorava come un giardino", p. 69.

"…un cielo di acqua verde, dove una pallida luna saliva come una medusa dalle trasparenti profondità marine […] Anche Consuelo guarda di traverso, il viso appoggiato alla spalla, la nera pupilla affacciata all'orlo dell'occhio, come a un davanzale", p. 245.
"E unitici al corteo dei becchini, ci avviamo dietro la bandiera. Era una bandiera di pelle umana, la bandiera della nostra patria, era la nostra stessa patria", p. 301.
"Odiare i cadaveri! Per capire in quale abisso di disperazione possa cadere un uomo, bisogna capire cosa significa odiare i cadaveri […] Rimaner cristiano, in quegli anni, voleva dire tradire. Essere cristiano voleva dire essere un traditore, poiché quella sudicia guerra non era una guerra contro gli uomini, ma contro Cristo", p. 314.