-L'eroismo dei personaggi di Steinbeck.
Si diceva, poc'anzi, che ogni personaggio è "eroe" in quanto si fa carico di un destino che è quello di tutti. Ed è eroe che sia vinto o vincitore.
Lo è anche l'ultimo degli ultimi, come il povero- e gigantesco e dalla forza devastante- Lennie di "Uomini e topi". Lo è l'amico George, che gli è tanto amico da sacrificarlo per sottrarlo al linciaggio dopo che la forza di Lennie-alimentata dalla paura- provocherà involontariamente la morte della moglie di Curley (cfr. John Steinbeck, Uomini e topi -Of Mice And Men, 1937-, tr. Michele Mari, Bompiani, 2023).
Sono eroi Tom Joad e la sua famiglia, protagonisti di "Furore", un romanzo che è una vera e propria trasposizione dell'Esodo biblico nell'America della metà degli anni '30, l'America della Dust Bowl, quando gli Stati centrali furono colpiti da una devastante tempesta di sabbia che rese incoltivabili i campi, causando l'espropriazione delle fattorie da parte delle banche - i contadini, i cui terreni non davano più frutti, non potevano assolvere ai loro debiti- e causando, così, il forzato trasferimento di masse enormi di ex-proprietari terrieri da Est ad Ovest, alla ricerca, nelle città e nelle zone agricole risparmiate dal dramma, di lavoro, qualsivoglia lavoro (cfr. John Steinbeck, Furore -The Grapes of Wrath, 1939-, tr. Sergio Claudio Perroni, Bompiani, 2022).
Qui la lotta è contro un male rappresentato da un sistema di valori che punta ad azzerare il lavoro dell'uomo-e, dunque, l'uomo stesso in quanto persona- per sostituirlo con l'azione dello strumento meccanico, indifferente all'uomo ed estraneo alla terra su cui esso agisce indisturbato e inarrestabile. E tutto a scopo di profitto. Per accumularli, i profitti.
"La banca è qualcosa di diverso dagli uomini. Tant'è vero che ogni uomo che lavora per una banca odia profondamente quello che la banca fa, e tuttavia la banca lo fa ugualmente. Credetemi, la banca è più degli uomini" (J. Steinbeck, Furore, cit., p. 46).
"E nell'uomo del trattore cresce il disprezzo che alligna solo nell'estraneo, che di comprensione ne ha poca e di legami nessuno... ... Ma l'uomo-macchina, che guida il trattore morto sulla terra che non conosce né ama, capisce solo la chimica; e disprezza la terra e insieme se stesso. Quando le porte di lamiera ondulata sono chiuse, lui va a casa, e la sua casa non è la terra", (J. Steinbeck, Furore cit., p. 163).

È un eroe Ethan, protagonista de "L'inverno del nostro scontento".
Ethan appartiene a quella fetta d'umanità dotata di coscienza e che, perciò, sottopone se stesso a un continuo processo.
"E' come se nelle buie e desolate grotte della mente si fosse riunita una giuria senza volto, a decidere. Questa zona segreta insonne, in me, io l'ho sempre pensata come un'acqua nera, profonda, un luogo di fecondazione, da cui solo poche forme emergono in superficie", (John Steinbeck, L'inverno del nostro scontento -The Winter of Our Discontent,1961-,tr. Luciano Bianciardi, Bompiani, 2011, p. 117).
Ethan è lacerato tra il desiderio di rientrare tra i ranghi di una classe sociale più elevata, da cui è stato espulso – si è autoespulso, in effetti- a causa di un fallimento commerciale (anche qui, una sorta di rifiuto), e i suoi principi morali che lo trattengono dal mettere in atto una truffa che, però, gli renderebbe possibile realizzare il suo obiettivo. Ethan resiste alle tentazioni del sogno americano: più in generale, resiste alla tentazione del male a cui lo invita il diavolo tentatore che è sì fuori, nei diversi emblemi della società dell'opulenza e dell'apparenza, ma che è, principalmente, in se stesso. Egli esce vittorioso da questa lotta, ma paga un costo psicologico alto, tanto da portarlo alla soglia del suicidio.
Allo stesso tempo, è eroe anche chi incarna il male assoluto, come la demoniaca Cathy/Kate di "La Valle dell'Eden". Così come lo è la moglie di Curley, personaggio di "Uomini e topi", vero simbolo del diavolo tentatore, che alla fine vince sul povero Lennie, pur rimettendoci la vita (cfr. J. Steinbeck, Uomini e topi, cit.).