-Herman Melville, Moby Dick o la Balena (Moby Dick or The Whale, 1851), tr. Cesare Pavese, Adelphi, 2002.

"Chiamatemi Ismaele. Alcuni anni fa -non importa quanti esattamente-avendo io pochi o punti denari in tasca e nulla in particolare che mi interessasse a terra, pensai di darmi alla navigazione di vedere la parte acquea del mondo", p. 13.
"Su questa terra, compagni, il peccato che paga può andare in ogni luogo e senza passaporti, mentre la Virtù, se povera, viene fermata a tutte le frontiere!", p. 72
"Guai a colui che non volesse essere sincero, anche quando fosse salvezza essere falso!", p. 77.
-Che vi hanno detto di lui? Ditemi questo!
-Non hanno detto molto di lui, sotto nessun riguardo; ho sentito soltanto che è un buon cacciatore e un buon capitano per l'equipaggio.
"E' vero, è vero: si, tutte e due le cose sono abbastanza vere. Ma dovete scattare, se dà un ordine. Muoversi e mugugnare, mugugnare e filare: è la parola d'ordine del capitano Achab", p. 119.
"E se l'idea del pericolo che innalza di tanto l'opinione popolare della professione del soldato, lasciate che vi assicuri che molti veterani, i quali hanno camminato noncuranti verso una batteria, darebbero indietro di colpo all'apparizione della grande coda del capodoglio sventagliante a vortici l'aria sul loro capo", p. 132.
"...il capitano Achab era sul passero...Aveva l'aspetto di un uomo staccato dal rogo quando il fuoco ha devastato, trascorrendole, tutte le membra, ma senza consumarle o rubar loro una sola particola della compatta e vecchia robustezza", pp. 145-146.
"La vecchiaia è sempre insonne, come se l'uomo, da quanto più tempo è allacciato alla vita, tanto meno abbia a che fare con ciò che somiglia alla morte. Tra i capitani di nave, le vecchie barbe grigie lasciano spesso la cuccetta per fare una scappata in coperta nel buio della notte. Così era per Achab; ma lui pareva ormai vivere tanto all'aria aperta che, a dir la verità, le sue scappate avvenivano piuttosto giù in cabina sul ponte", p. 148.
"A gran voce esclamò:- Chiunque di voi mi segnalerà una balena dalla testa bianca, dalla fronte rugosa e dalla mandibola storta, chiunque di voi mi segnali quella balena bianca che ha tre buchi nella pinna dritta della coda, state attenti! chiunque mi segnali proprio questa balena, riceverà quest'oncia d'oro, marinai!", p. 184.
"...ma io sono demoniaco, sono la pazzia impazzita! Quella fiera pazzia che è soltanto calma per comprendere se stessa! La profezia diceva che io sarei stato mutilato, e...Sì! Ho perduta la gamba. Io profetizzo adesso che mutilerò il mio mutilatore. E così dunque siano il profeta e l'esecutore un essere solo. Questo è più di ciò che voi, o grandi dèi, foste mai", p. 190.
"Io, Ismaele, ero uno di quest'equipaggio: le mie grida s'erano levate con quelle degli altri, il mio giuramento s'era confuso col loro, per il terrore che sentivo nell'anima...l'odio inestinguibile di Achab pareva fatto mio. Con avide orecchie ascoltai la storia del mostro assassino contro il quale io e tutti gli altri avevamo prestato giuramento di violenza e di vendetta", p. 199.
"Con le sue tre lance sfondate intorno e uomini e remi turbinanti nei gorghi, un capitano, afferrando dalla prora spaccata il coltello della lenza, s'era lanciato sulla balena...ciecamente tentando con una lama di sei pollici di raggiungere la vitalità, profonda una tesa, del mostro. Quel capitano era Achab. E fu allora che, passandogli sotto di colpo con la sua mandibola falcata, Moby Dick gli aveva falciato la gamba, come un mietitore fa di uno stelo d'erba in un campo", p. 204.
"Tutto ciò che più tormenta e sconvolge la ragione...tutto il sottile demonismo della vita e del pensiero, ogni male, per l'insensato Achab era visibilmente personificato e fatto  praticamente raggiungibile in Moby Dick", p. 205.
"Ci sono certe bizzarre circostanze e occasioni in questa strana e caotica faccenda che chiamiamo la vita, che un uomo prende l'intero universo per un'enorme burla in atto, sebbene non riesca a vederne troppo chiaramente l'arguzia, e sospetti anziché no che la burla non sia alle spalle di altri che le sue", p. 246.
"...nell'inseguire quei lontani misteri di cui sogniamo, o nella caccia tormentosa di quel fantasma demoniaco che prima o poi nuota dinanzi a tutti i cuori umani, nella caccia di tali cose intorno a questo globo, esse o ci conducono in vuoti labirinti o ci lasciano sommersi a metà strada", p. 257.
"...non una giornata odierna finisce, che il mare vivente non inghiotta...bastimenti e equipaggi", p. 293.
"Come eserciti in marcia che s'avvicinano a una gola ostile tra le montane e affrettano il passo, tutti ansiosi di lasciarsi alle spalle il tratto pericoloso e distendersi in relativa sicurezza nella pianura, allo stesso modo quest'immensa flotta di balene pareva ora affrettarsi alla volta dello Stretto, stringendo gradualmente le ali del semicerchio e continuando a nuotare in gruppo compatto ma sempre a mezzaluna. Facendo forza di vele il Pequod si lanciò all'inseguimento...", p. 393.
"Come per incuter loro un vivo terrore, essendo lui stesso stavolta che assaliva per primo, Moby Dick s'era voltato e venne alla volta dei tre equipaggi", p. 554.
"Presto! tutti armino le lance...riunite i remi...ramponieri! i ramponi, i ramponi!...Girerò dieci volte intorno al mondo sconfinato; sì, mi ci tufferò attraverso, ma la voglio ammazzare!", p. 557.
"Piccoli uccelli volarono ora, strillando, sull'abisso ancora aperto; un tetro frangente bianco si sbatté contro gli orli del pendio; poi tutto ricadde, e il gran sudario del mare tronò a stendersi come si stendeva cinquemila anni fa", p. 570.
"Il dramma è finito. Perché allora qualcuno si fa avanti? Perché uno è sopravvissuto alla distruzione...Il secondo giorno, una vela s'avvicinò e finalmente mi raccolse. Era la bordeggiante «Rachele» che, nella sua ricerca dei figli perduti, trovò soltanto un altro orfano", p. 571.