Paul Auster, Mr. Vertigo (Mr. Vertigo, 1994), tr. Susanna Basso, Einaudi, 1999.


"E così mi lasciai seppellire vivo, un'esperienza che non raccomando a nessuno. Per quanto sgradevole possa sembrarvi l'idea, la reclusione vera e propria è infinitamente peggio, e una volta che si è trascorsa qualche oretta nelle budella dell'inferno, come quel giorno è capitato a me, vi garantisco che il mondo cambia aspetto per sempre. Da un lato si fa incredibilmente più bello, e dall'altro tanta bellezza vi appare inondata di una luce talmente fuggevole, talmente irreale, da sottrarre alle cose qualunque sostanza e anche se riuscite ancora a vederle e toccarle come prima, una parte di voi capisce che si tratta solo di un'illusione. sentirsi la terra sulla testa, soffrirne l'espressione e il gelo, provare il panico provocato dall'immobilità della morte già non è cosa da poco, ma il vero terrore arriva solo più tardi, quando si è stati dissepolti e ci si può rimettere in piedi. Da quel momento in poi tutto ciò che vi succede in superficie sarà legato a quelle poche ore trascorse sotto terra. Anche se avrete vinto la battaglia sopravvivendo, il seme sottile della follia vi ha penetrato il cervello: la vita l'avrete salvata magari, ma vi siete persi per strada quasi tutto il resto. La morte è diventata vostra ospite fissa; si nutrirà della vostra innocenza e delle speranze, lasciandovi dentro alla fine soltanto fango, solido, inconsumabile, invincibile fango", p 39.
"…i gonfi capelli rossi si scompigliavano agitandosi come le zampe di un gran bruco capovolto", p. 95.
"Se questo fosse un film, sarebbe qui che i fogli del calendario prenderebbero a staccarsi a uno a uno dal muro. Li vedremmo svolazzare sullo sfondo di strade di campagna e distese di prati, e i nomi delle città comparirebbero sullo schermo insieme alla vecchia Ford nera in sovraimpressione sulla cartina dell'Oklahoma occidentale. La musica sarebbe vivace, piena di ritmo, un sincopato allegro che faccia pensare al tintinnio di un registratore di cassa sempre aperto a ricevere soldi. Enormi ceste traboccanti monete, motel sullo stradone, mani che applaudono, piedi che pestano, bocche spalancate, facce attonite rivolte al cielo. L'intera sequenza non durerebbe più di dieci secondi in tutto, e in quei pochi istanti non ci sarebbe un solo spettatore in sala che non si fosse fatta un'idea precisa di come andarono veramente le cose quel mese. Ah, vecchia Hollywood, patria di inganni. Non c'è niente come il cinema per precipitare la storia. Non sarà forse tanto raffinato, ma colpisce sempre nel segno", p. 116.