-Italo Calvino, Palomar, 1994, Mondadori, 2016.


"Infine non sono le «onde» che lui intende guardare, ma un'onda singola e basta: volendo evitare le sensazioni vaghe, egli si prefigge per ogni suo atto un oggetto limitato e preciso", p. 5.
"…per cui un'onda è sempre diversa da un'altra onda; ma è anche vero che ogni onda è uguale a un'altra onda, anche se non immediatamente contigua e successiva; insomma ci sono delle forme e delle sequenze che si ripetono, pur se distribuite irregolarmente nello spazio e nel tempo", p. 6.
"E' l'ora in cui il signor Palomar, uomo tardivo, fa la sua nuotata serale. Entra in acqua, si stacca dalla riva, e il riflesso del sole diventa una spada scintillante nell'acqua che dall'orizzonte si allunga fino a lui. Il signor Palomar nuota nella spada o per meglio dire la spada resta sempre davanti a lui, ad ogni sua bracciata si ritrae, e non si lascia mai raggiungere", p. 13.
"Il signor Palomar pensa al mondo senza di lui: quello sterminato prima della sua nascita, e quello ben più oscuro di dopo la sua morte; cerca di immaginare il mondo prima degli occhi, di qualsiasi occhio; e un mondo che domani per catastrofe o lenta corrosione resti cieco. Che cosa avviene (avvenne, avverrà) mai in quel mondo?", p. 17.

"La luna di pomeriggio nessuno la guarda […] È così fragile e pallida e sottile; solo da una parte comincia ad acquisire netto come un arco di falce, e il resto è tutto imbevuto di celeste", p. 32.
"Se i corpi luminosi sono carichi di incertezza, non resta che affidarsi al buio, alle regioni deserte del cielo. Cosa può esserci più stabile del nulla? Eppure anche del nulla non si può essere sicuri al cento per cento", p. 43.
"Così ragionano gli uccelli, o almeno così ragiona, immaginandosi uccello, il signor Palomar. «Solo dopo aver conosciuto l superficie delle cose, - conclude-, ci si può spingere a cercare quel che c'è sotto. Ma la superficie delle cose è inesauribile»", p. 51.
"Al di là del vetro d'ogni gabbia c'è il mondo di prima dell'uomo, o di dopo, a dimostrare che il mondo dell'uomo non è eterno e non è l'unico", p. 78.
"Il pensiero d'un tempo fuori dalla nostra esperienza è insostenibile", p. 79.

"La soluzione di continuità tra le generazioni dipende dall'impossibilità di trasmettere l'esperienza, di far evitare agli altri gli errori già commessi da noi. La distanza tra due generazioni è data dagli elementi che esse hanno in comune e che obbligai alla ripetizione ciclica delle stesse esperienze […] Per questo non abbiamo niente da insegnare: su ciò che somiglia alla nostra esperienza non possiamo influire; in ciò che porta la nostra impronta non sappiamo riconoscerci", p. 95.