Perché per fare un buon lavoro bisogna immaginare che quel lavoro sia altro rispetto a

 quel che effettivamente è, cioè un lavoro da fare e da fare bene?

Alfonso Falanga, 26 gennaio 2023.



Gli ultimi due anni, segnati da crisi di ogni tipo, e l'anno iniziato da poco, anch'esso rabbuiato da incognite economiche e geopolitiche, dovrebbero vincolarci al principio etico su cui regge - o dovrebbe reggersi - la performance del professionista: il senso di responsabilità verso il proprio ruolo ed i compiti ad esso connessi. È questo il solo criterio che deve-o dovrebbe- orientare la sua giornata, ogni sua giornata. Particolarmente in momenti di forte intensità emotiva. Si tratta di una norma non scritta secondo cui quando c'è un lavoro da fare, bisogna farlo e  farlo bene. Dove "bene" sta al massimo delle proprie capacità materiali e immateriali.

Farlo, punto. Senza tanti giri di parole su motivazione, sogni, sfide ed altro che poco c'entrano con la responsabilità ovvero con il fatto che il lavoro lo farò e lo farò bene anche se non sono motivato, anche se non rispecchia i miei sogni, anche se non mi sento sfidato da alcunché. È una norma etica secondo cui farò il mio lavoro perché ho assunto un impegno nei riguardi di me stesso, della mia famiglia, dei miei colleghi, dell'azienda. Sono, questi, criteri più che sufficienti a "motivare". Non c'è-non ci sarebbe- bisogno di altro.