Ruolo e compiti della leadership nella gestione del successo: per non passare dalle stelle alle stalle.
Alfonso Falanga, 2.10. 2023
In alcuni articoli (qui e qui) ho condiviso le mie riflessioni sul rapporto tra cambiamento e regressione ovvero sul rischio che si corre, una volta assunti nuovi modelli comportamentali, di lasciarsi progressivamente assorbire da comportamenti disfunzionali, gli stessi che sono stati il motivo del processo di cambiamento.
Tali considerazioni avevano come riferimento, per lo più, la persona singola considerata nelle varie dimensioni in cui si declina la sua quotidianità: privato, sociale e sfera professionale.
Cosa si può dire sull'argomento se il riferimento è un collettivo, ad esempio una squadra sportiva oppure un team di lavoro?
-La crisi dopo il successo: le stalle sono in agguato.
Chi pratica e ha praticato sport a livello agonistico, da istruttore e coach, sa bene che, quando la squadra vince, il momento più delicato è il dopo: l'appena dopo.
Così come il leader di un team di lavoro è consapevole che, centrato l'obiettivo aziendale, una difficoltà non da poco consiste nel coinvolgere il gruppo 1) nell'analisi del successo e a farlo con la stessa attenzione con cui ci si dedica all'approfondimento delle cause dell'insuccesso. Quando si fallisce il bersaglio, infatti, chiedersi Dove abbiamo sbagliato? risulta meno impegnativo-una sorta di prassi consolatoria e assolutoria-che domandarsi, invece, A cosa è dovuto il nostro successo?.
Che si tratti di sport o di azienda o di altro settore, insomma, la variabile comune è il successo. Da intendersi, per quel che ci riguarda, come passaggio da una condizione carica di tensione e fortemente ansiogena ad un'altra più gratificante, più produttiva, più motivante. In tutti i casi si è realizzato l'obiettivo via da… Via dalla paura della sconfitta. Via dal timore di un calo di produzione (nei casi più critici, via dalla paura di perdere il lavoro). Via da rimproveri, sensi di colpa, cali di autostima, insonnie, mal di testa, gastriti, ecc.
Proprio per questo, l'euforia della vittoria può essere seguita da una fase di rilassamento, di regressione, di adagiamento sugli allori e da una sopravvalutazione della propria esperienza- individuale e collettiva- che conduce a ritenerla comprensiva di ogni altra possibile esperienza. Quel passato appena concluso contiene, nell'ottica dei vincitori, anche il presente e il futuro: la convinzione di fondo, in genere, è: "Abbiamo centrato il bersaglio perché siamo stati bravi. Così sarà sempre e comunque".
Quando questo accade, al successo può seguire una fase di chiusura del collettivo verso l'esterno, dove per tale si intende non solo l'ingresso di eventuali nuovi membri ma anche, ad esempio, formazione e aggiornamento (sono i casi in cui la formazione è vissuta dal team come un giudizio sul proprio operato), o semplici osservazioni da parte della leadership oppure critiche ed anche se costruttive. La squadra, in tal modo, diventa autoreferenziale ossia tende a riproporre costantemente se stessa nella forma e nei contenuti (metodi, strategie, modelli di pensiero, stili relazionali) e ciò a dispetto di eventuali mutamenti sia interni che esterni che richiederebbero, invece, cambi di rotta o comunque una riflessione sulle strategie adottate fino a quel momento (info sulla teoria del group thinking).
In queste circostanze, al fine di anticipare o arginare chiusure e regressioni, si rivela fondamentale il ruolo della leadership 2): gli strumenti di cui il leader dispone per centrare il suo bersaglio sono consapevolezza, programmazione e comunicazione.
"La squadra non è chiamata semplicemente a pensarla in altro modo rispetto al passato. Si tratta di assumere un nuovo modello di pensiero che non deriva solo da un atto decisionale bensì nasce dal porsi nuove domande: se, prima, il team si interrogava sulle proprie competenze (chi possiamo essere, fin dove possiamo arrivare), il quesito, dopo, riguarda la propria identità (chi vogliamo essere)".
-Consapevolezza di cosa?
-ruoli.
Mai come in questa circostanza, è fondamentale che il leader sappia qual è il suo ruolo e quali i comportamenti da tenere verso la squadra.
Certo, è lecito supporre che una leadership che abbia guidato il team verso il successo disponga di questa consapevolezza. Eppure, non guasta un surplus di attenzione sui propri atteggiamenti, dunque del proprio stile di leadership onde evitare confusioni di ruoli e derive.
-dall'obiettivo allo scopo.
La consapevolezza riguarda anche il cambio di prospettiva da favorire nel team, traghettandolo dall'obiettivo allo scopo (qui info su obiettivo e scopo).
La squadra non è chiamata semplicemente a pensarla in altro modo rispetto al passato. Si tratta di assumere un nuovo modello di pensiero che non deriva semplicemente da un atto decisionale bensì nasce dal porsi nuove domande: se, prima, il team si interrogava sulle proprie competenze (chi possiamo essere, fin dove possiamo arrivare), il quesito, a questo punto, riguarda la propria identità (chi vogliamo essere).
I vantaggi di questo mutamento di prospettiva sono:
▸proiettare l'attenzione e l'energia della squadra verso il futuro;
▸spostare il mirino dall'obiettivo – restare focalizzati esclusivamente e continuativamente sul bersaglio produce tensioni e ansie, anticamere della regressione – ad una visione di insieme del percorso da compiere. Una visione, cioè, che comprenda passato, presente e, appunto, il futuro, che includa quel che è stato fatto e quel che c'è ancora da fare.
Svantaggio:
▸è quello di cui, di solito, bisogna tener conto nel momento che entra in gioco l'identità, che sia individuale o - come in tal caso- collettiva: ogni invito a nuovi modelli di pensiero e di azione rischia di essere interpretato come messa in discussione di ciò che si è stati e di ciò che si è. Con le conseguenziali resistenze. A tal proposito, diventa fondamentale l'utilizzo, da parte della leadership, di una comunicazione efficace.
-programmazione.
Non si vince se si improvvisa: la realizzazione del successo va programmata. La programmazione ha come orizzonte:
1. l'obiettivo da raggiungere. Si tratta di una programmazione a breve o medio termine: cosa fare, come, quando e perché.
2. lo scopo (purpose o mission): ovvero cosa il team vuole essere. E' una questione di identità, di cultura, di clima, di rapporto con l'ambiente esterno.
Lo scopo non ha termine: anzi, si rinnova ogni volta che sembra che si sia giunti ad una conclusione.
Si tratta di una programmazione continua che prevede, praticamente, interventi di monitoraggio: quali strumenti adottare al riguardo, con quale cadenza, con quali aspettative, quali interventi da apportare per eventuali aggiustamenti e modifiche e, cosa molto importante, per prevenire momenti di regressione.
-comunicazione.
La consapevolezza, come accennato, richiede che la leadership adotti una comunicazione efficace ed efficiente. Qui intendiamo per tale la una comunicazione che:
▸sia proiettata verso il futuro;
▸sia focalizzata sui comportamenti, non sui caratteri;
▸sia inclusiva e partecipativa, pur nel rispetto dei ruoli;
▸non imponga né chieda. Che sia, dunque, relazione.
"...una difficoltà non da poco consiste nel coinvolgere il gruppo nell'analisi del successo e a farlo con la stessa attenzione con cui ci si dedica all'approfondimento delle cause dell'insuccesso. Quando si fallisce il bersaglio, infatti, chiedersi Dove abbiamo sbagliato? risulta meno impegnativo – una sorta di prassi consolatoria e assolutoria- che domandarsi A cosa è dovuto il nostro successo?".
