
-Italo Calvino, Se una notte d'inverno un viaggiatore, 1979, Mondadori, 2021.
"…ed eccoti lanciato all'inseguimento di queste ombre tutte insieme, quelle dell'immaginazione e quelle della vita", p. 49.
"Comunque, chi troverà questo mio diario avrà un sicuro vantaggio su di me: di una lingua scritta è sempre possibile desumere un vocabolario e una grammatica, isolare frasi, trascriverle o parafrasarle in un'altra lingua, mentre io sto cercando di leggere nella successione delle cose che mi si presentano ogni giorno le intenzioni del mondo nei miei riguardi, e vado a tentoni, sapendo che non può esistere alcun vocabolario che traduca in parole il peso di oscure allusioni che incombe nelle cose", p. 59.
"Forse è questo racconto che è un ponte sul vuoto […] Si ricompone; alza davanti a sé uno sguardo altero; riprende il cammino senza fermarsi; […] Anche il racconto deve sforzarsi di tenerci dietro, di riferire un dialogo costruito sul vuoto, battuta per battuta. Per il racconto il ponte non è finito: sotto ogni parola c'è il nulla […] Come tra i gradini di ferro del ponte, nel dialogo intervalli di vuoto si aprono tra una battuta e l'altra", pp. 80-81.
"Il romanzo che più vorrei leggere in questo momento, -spiega Ludmilla, - dovrebbe avere come forza motrice solo la voglia di raccontare, d'accumulare storie su store, senza pretendere d'importi una visione del mondo, ma solo di farti assistere alla propria crescita, come una pianta, un aggrovigliarsi come di rami e di foglie…", p. 90.
"L'autore era un punto invisibile da cui venivano i libri, un vuoto percorso da fantasmi, un tunnel sotterraneo che metteva in comunicazione gli altri mondi col pollaio della sua infanzia…", p. 99.
"Sento una folla di lettori che sporgono lo sguardo sopra le mie spalle e s'appropriano delle parole man mano che si depositano sul foglio", p. 170.
"Come scriverei bene se non ci fossi! Se tra il foglio bianco e il ribollire delle parole e delle storie che prendono forma e svaniscono senza che nessuno le scriva non si mettesse di mezzo quello scomodo diaframma che è la mia persona! […] Non è per poter essere il portavoce di qualcosa di definibile che vorrei annullare me stesso. Solo per trasmettere lo scrivibile che attende di essere scritto, il narrabile che nessuno racconta", p. 170.
"…il libro dovrebbe essere la controparte scritta del mondo non scritto; la sua materia dovrebbe essere ciò che non c'è né potrà esserci se non quando sarà scritto, ma di cui ciò che c'è sente oscuramente il vuoto nella propria incompletezza", p. 171.
"Potrò mai dire: «oggi scrive», così come «oggi piove», «oggi fa vento»? Solo quando mi verrà naturale d'usare il verbo scrivere all'impersonale potrò sperare che attraverso di me s'esprima qualcosa di meno limitato che l'individualità d'un singolo […] Solo il poter essere letto da un individuo determinato prova che ciò che è scritto partecipa del potere della scrittura, un potere fondato su qualcosa che va al di là dell'individuo", p. 175.
"-Per questa donna- … leggere vuol dire spogliarsi d'ogni intenzione e d'ogni partito preso, per essere pronta d cogliere una voce che viene non si sa da dove, da qualche parte al di là del libro, al di là dell'autore, al di là delle convenzioni della scrittura: dal non detto, da quel mondo che non ha ancora detto di sé e non ha ancora le parole per dirlo", p. 239.
"Lo stimolo della lettura mi è indispensabile, e d'una lettura sostanziosa, anche se d'ogni libro non riesco a leggere che poche pagine. Ma già quelle poche pagine racchiudono per me interi universi, cui non riesco a dar fondo", p. 254.
"…l'oggetto della lettura è una materia puntiforme e pulviscolare […] Ogni volta che m'imbatto in uno di questi grumi di significato devo continuare a scavare intorno per vedere se la pepita s'estende in un filone. Per questo la mia lettura non ha mai fine: leggo e rileggo ogni volta cercando la verifica d'una nuova scoperta tra le pieghe delle frasi", pp. 254-255.