
- Jack Kerouac, Sulla strada (On The Road, 1957), tr. Marisa Caramella, Mondadori, 2021.
"...perché le uniche persone che esistono per me sono i pazzi, i pazzi di voglia di vivere, di parole, di salvezza, i pazzi di tutto e subito, quelli che non sbadigliano mai e non dicono mai banalità ma bruciano, bruciano, bruciano come favolosi fuochi di artificio che esplodono simili a ragni sopra le stelle e nel mezzo si vede scoppiare la luce azzurra e tutti fanno <Oooooh!>", p. 11.
"Sfrecciavamo come in un sogno attraverso i crocevia, dove piccoli agglomerati di case ci balzavano incontro dall'oscurità, e superavamo lunghe file di braccianti e di cow-boy che oziavano nella notte. Ci guardavano passare girando la testa, e li vedevamo battersi gran manate sulle cosce nel buio che tornava a cadere su di noi...", p. 38.
"...la cupa e folle New York buttava in aria la sua nube di polvere e vapore scuro", p. 99.
"Che notti brutali, calde, sconvolte dall'ululato delle sirene!", p. 107.
"Feci una passeggiata lungo le rive del Mississippi e guardai i tronchi che la corrente portava dal Montana, dal Nord, i grandi tronchi dell'odissea del nostro sogno continentale. Vecchi battelli a vapore, con le decorazioni a voluta ancora più tornite e sbiadite per le intemperie, giacevano nel fango abitati dai topi", p. 129.
"Gesticolava furiosamente, a volte si sporgeva fino a me per chiarire qualcosa, altre volte staccava le mani dal volante, eppure la macchina procedeva dritta come una freccia senza deviare nemmeno per un attimo dalla riga bianca in mezzo alla strada che correva via baciando la ruota anteriore sinistra", p. 147.
"Eravamo tre figli della terra che cercavano di decidere qualcosa nella notte, e tutto il peso dei secoli trascorsi si gonfiava nel buio davanti a noi", p. 168.
"Cos'è quella sensazione che si prova quando ci si allontana in macchina dalle persone e le si vede recedere nella pianura fino a diventare macchioline e disperdersi?- è il mondo troppo grande che ci sovrasta, è l'addio. Ma intanto ci si proietta in avanti verso una nuova folle avventura sotto il cielo", p. 199.
"Tutti quelli che incontravamo sembravano comparse malconce, attricette appassite; controfigure disincantate, piloti di go-kart, intensi personaggi californiani con la loro tristezza da limite estremo del continente, uomini belli e decadenti alla Casanova, bionde da motel con gli occhi gonfi, puttane da bar, papponi, puttane da strada, massaggiatori, fattorini d'albergo- un branco di derelitti, e come si fa a guadagnarsi da vivere in mezzo a gente come quella?", p. 217.
"Stavo correndo per il mondo senza una chance di vederlo...", p. 263.
"Nell'alba grigia che ansimava come un fantasma contro le finestre dell'edificio abbracciando i cornicioni, dormivo con la testa appoggiata al bracciolo di legno di un sedile, mentre gli inservienti radunavano i rispettivi mucchi di spazzatura nella notte in un enorme ammasso polveroso che mi arrivò fino al naso mentre russavo a testa china; per poco non spazzavano via anche me", p. 313.
"Dean tirò fuori altre foto. Mi resi conto che quelle erano le uniche istantanee che i nostri figli avrebbero guardato un giorno con stupore, convinti che i loro genitori avessero vissuto una vita tranquilla, ordinata, come quella delimitata dall'inquadratura delle foto, alzandosi al mattino per camminare fieri sui marciapiedi della vita, senza nemmeno immaginare l'aspra follia e ribellione della nostra esistenza reale, della nostra notte, l'inferno, l'insensata strada da incubo. E tutto dentro un vuoto senza principio e senza fine. Pietose forme di ignoranza", p. 325.
"All'improvviso si allontanò in fretta curvo verso la sua vita e sparì. Io rimasi a contemplare a bocca aperta lo squallore dei miei giorni. Anch'io avevo una lunga, terribile strada da fare", p. 325.
"Quello era il fondo dell'America, il ricettacolo dove si depositava la feccia più pesante, dove finiva la gente disorientata per star vicino a uno specifico altrove nel quale scivolare inosservati", p.349.
"Vedevo fiumi d'oro riversarsi dal cielo attraverso il tetto malandato della povera macchina, attraversarmi le palpebre e penetrare fin dentro agli occhi; lo splendore era dappertutto", 363.
"Grandi nebbie sbadigliavano dietro le muraglie di pietra lungo il precipizio...con indios avvolti negli scialli che ci osservavano da sotto i cappelli di paglia e i rezebos...Erano scesi giù dalle montagne dell'interno e dalle grandi altezze per tendere la mano e chiedere cose che credevano offrisse la civiltà...Non sapevano che era arrivata una bomba che poteva far saltare ogni ponte e strada e ridurli a un ammasso di rovine, e che un giorno saremmo diventati tutti poveri e avremmo teso a nostra volta la mano, proprio come loro", p. 380.