Sándor Márai (1900-1989).

Volevo tacere, (Hallgatni akartam, 2013, postumo), tr. Laura Sgarioto, Adelphi, 2017.


"Volevo tacere. Ma il tempo mi ha chiamato e ho capito che non si poteva tacere. In seguito ho anche capito che il silenzio è una risposta tanto quanto la parola e la scrittura. A volte non è neppure la meno rischiosa. Niente istiga alla violenza quanto un tacito dissenso", p. 3.
"Quella notte accaddero molte cose. Dormii un sonno profondo, ma è probabile i miei sogni fossero pieni di angoscia. In quell'istante si stava avvicinando alla mia vita qualcosa che esisteva già, di cui avevo paura-ma si sa com'è la natura umana: finché ci sono ottocento chilometri a separarci da una realtà, siamo portati a vedere le cose, anche se si tratta di cose reali, come fuochi fatui nella nebbia", p. 11.
"Ma per il resto tutto fu una logica conseguenza del primo passo, perché i grandi corpi, le nazioni, una volta abbandonata la posizione di base, lo stato di riposo, sono costrette a muovere sempre nuovi passi finché non riacquistano l'equilibrio, e il colosso si ferma ben saldo su due piedi oppure crolla, e con tutto il tremendo peso cade riverso nello spazio del destino", p. 83.
"La guerra era ancora una prospettiva indistinta, soltanto il fumo e la cenere della pira suicida aleggiava nell'aria, ma gli avvoltoi delle catastrofi umane, i profittatori dell'economica bellica si tenevano già pronti dietro i confini in attesa di banchettare coi loro becchi famelici sulle carcasse delle vittime del gran funerale. Non c'era ancora la guerra e non c'era più la pace. Lo avvertivano tutti e, come avviene regolarmente in periodi simili, si aveva un sentimento vitale che si manifestava con esagerato ardore anche nei rapporti tra le persone. La gioia era più intensa e inebriante, la sofferenza più cruda e amara", p. 84.
"Ero un borghese e lo sono ancora, ho inforcato gli occhiali e alla luce rossastra del mondo in fiamme ho tentato di decifrare il senso della domanda: io, borghese, ho ancora il diritto di vivere e lavorare, ho ancora un qualche compito nel mondo?... Non ho mai sperato di poter dare una risposta infallibile a questa difficile domanda. Ma noi borghesi non speriamo neanche più che qualche inattesa svolta storica possa permetterci di rimandare la formulazione e la enunciazione di tale domanda, con tutte le conseguenze che ne deriveranno…", p. 106.